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L'Italia nei Balcani
L'ingresso di Romania e Bulgaria nell'area Schengen
30 Dicembre 2024
Il 12 dicembre i ministri dell'Interno dell'Unione Europea hanno sancito l'ingresso di Romania e Bulgaria nella zona Schengen. La richiesta d'ingresso avanzata da anni dai governi dei due paesi interessati era stata sinora respinta da Austria e Olanda, che sempre avevano posto il proprio veto, preoccupate dai possibili riflessi migratori nei loro paesi. Ora la svolta, con decisione unanime della UE. Hanno agito sicuramente a favore della svolta anche considerazioni di carattere politico: in particolare la volontà di contrastare la minaccia di un'influenza crescente dell'imperialismo russo in Romania e Bulgaria. Ma accanto al fattore politico emergono le ragioni economiche, per alcuni imperialismi europei assolutamente prevalenti. È il caso, in particolare, dell'imperialismo italiano.
La polarizzazione dello scontro su scala mondiale tra vecchi e nuovi imperialismi – da un lato gli imperialismi NATO, dall'altro il blocco tra imperialismo russo e cinese – ha indotto molte aziende europee ad accorciare il più possibile le catene di approvvigionamento, al fine di rafforzare la propria sicurezza mettendola ai riparo dalle incognite geopolitiche. L'appeal degli investimenti in Cina è calato a favore di investimenti di carattere continentale, il cosiddetto nearshoring.
Due sono le aree europee maggiormente “beneficiate” da questo flusso di ritorno: l'Europa centro-orientale (Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia) e l'Europa sud-orientale (Albania, Bosnia-Erzegovina, Croazia, Romania, Bulgaria e Serbia). Le ragioni della particolare attrazione di queste regioni per i capitalisti è facilmente spiegata: manodopera a basso costo e regimi fiscali particolarmente generosi con i profitti.
L'imperialismo italiano è in prima fila in questo processo, come rivela uno studio di Intesa San Paolo. Gli investimenti italiani in Europa orientale hanno conosciuto un aumento del 34% dal 2019 ad oggi. Lo stesso vale per esportazioni e importazioni. Sono interessati tutti i settori, e in particolare la filiera metalmeccanica, la moda, i mezzi di trasporto, gli alimentari, la chimica, la gomma, la plastica, l'elettronica. È un caso che l'Italia sia il paese che abbia maggiormente spinto per l'apertura della zona Schengen a Romania e Bulgaria?
Il quotidiano confindustriale Il Sole 24 Ore ha salutato l'evento nel nome di una più libera circolazione dei capitali: «per il mondo imprenditoriale italiano nuove opportunità di scambi e investimenti» (13 dicembre). L'Italia è il secondo partner della Romania, dopo la Germania, con 10 miliardi di investimenti nel 2023, circa 50000 aziende tricolori, e un ruolo centrale nel sistema bancario del paese (Unicredit). La Bulgaria è il quarto partner commerciale dell'Italia (dopo Germania, Romania, Turchia), con oltre 4 miliardi di investimenti, una presenza di 13000 aziende a partecipazione italiana, con 60000 occupati. «Nei due casi le imprese italiane hanno approfittato di un costo del lavoro basso rispetto ai paesi dell'Europa occidentale» dichiara candidamente Confindustria (Il Sole 24 Ore, 13 dicembre). In altri termini, conviene sfruttare operai rumeni e bulgari nei loro paesi.
L'emigrazione rumena in Italia è il risvolto della proiezione italiana in Romania. Lavoratori e lavoratrici rumeni cercano legittimamente in Italia salari più alti di quelli pagati dai capitalisti italiani nel loro paese. Mentre operai italiani pagano la delocalizzazione dei capitalisti con la perdita del proprio posto di lavoro o la pressione al ribasso sui propri salari. La retorica meloniana sul made in Italy copre semplicemente la miseria di questa realtà.
Solo una lotta internazionale unificante tra i lavoratori europei, ad ogni latitudine del vecchio continente, per l'aumento generale dei salari, per la parità di salario a parità di lavoro, per la nazionalizzazione senza indennizzo e sotto controllo operaio delle aziende che licenziano, può contrastare da un versante progressivo la libertà di sfruttamento del capitale. Solo la prospettiva degli Stati uniti socialisti d'Europa rappresenta la vera alternativa alla dittatura continentale dei capitalisti.