Interventi
L'oppressione delle persone trans
4 Dicembre 2024
Pubblichiamo un documento del 2019 del Comitato Esecutivo Internazionale della League for the Fifth International (Lega per la Quinta Internazionale) per conoscenza del corpo militante e come contributo alla discussione sul tema.
DEFINIZIONE DEI TERMINI
In questa risoluzione useremo il termine “trans” per riferirci alle persone transgender, ossia a coloro che affermano che la loro coscienza soggettiva del proprio ruolo sessuale o la loro identità di genere è in contrasto con il loro sesso biologico, e che desiderano essere trattati in base al primo, ossia come donne o uomini, oppure come "genderqueer", "nonbinary", "genderfluid", "agender", o con altri termini simili usati in diverse lingue.
Il termine è stato utilizzato per la prima volta nel 1971. Almeno in inglese, esso ha sostituito in gran parte il termine "transessuale", emerso negli anni Quaranta, che in molti contesti era usato per definire coloro che avevano intrapreso, o volevano intraprendere, procedure mediche per alterare le manifestazioni esteriori del proprio sesso con quelle dell'altro.
L'atteggiamento dei comunisti, del movimento operaio e, di fatto, di tutte le persone coerentemente democratiche o socialmente progressiste dovrebbe essere quello di assecondare i desideri delle persone trans su come desiderano essere considerate nella vita sociale e dallo Stato. Al riguardo, il nostro atteggiamento è lo stesso della difesa dei diritti delle donne e dei diritti all'uguaglianza e al rispetto delle persone omosessuali e bisessuali.
Quando non violano i diritti degli altri, aspetti come il comportamento sessuale o sociale, l'abbigliamento ecc. non possono essere subordinati a un fasullo "diritto" di qualcuno a non essere offeso, derivante da pregiudizi, religiosi o di altro tipo. Non devono essere soggetti a sanzioni legali o individuali o ad abusi. Non devono nemmeno essere considerati un disturbo psicologico. Il desiderio delle persone trans di essere chiamate con i nomi, i titoli e i pronomi di loro scelta deve essere rispettato come ovvio, e il rifiuto deliberato di farlo deve essere considerato un comportamento oppressivo (transfobia). Di certo, non dovrebbe essere tollerato nel movimento operaio.
Tuttavia, i marxisti non sono obbligati ad accettare senza critiche o giudizi le affermazioni della teoria trans, della teoria queer ecc. più di quanto non lo siano nei confronti delle varie teorie conosciute collettivamente come femminismo o delle teorie dei movimenti gay e lesbici. Pur meritando un'attenzione rispettosa, l'esperienza soggettiva dell'oppressione, come lo sfruttamento, non genera di per sé una teoria o un programma di liberazione corretto. La divisione in sessi bipolari non è invalidata dall'esistenza di persone intersessuali (ossia con caratteristiche biologiche di entrambi i sessi) o dalle affermazioni dei teorici trans sull'esistenza di cervelli femminili in corpi maschili o viceversa. Naturalmente, in ogni caso, ciò non deve portare alla negazione della parità di diritti e del rispetto nei loro confronti.
In quanto materialisti storici e dialettici, i marxisti riconoscono l'esistenza oggettiva di sessi bipolari come parte dell'essere della nostra specie (e della maggior parte delle altre specie), necessari alla riproduzione. Qualunque sia la possibilità (o l'opportunità) futura che la scienza medica ci permetta di superare questa determinazione biologica, essa oggi esiste, e il suo "superamento" non è necessario per trascendere la società di classe o le oppressioni sociali che ne derivano.
Tuttavia, la nostra specie è anche caratterizzata da un'organizzazione e da una coscienza sociale o collettiva, e da una coscienza individuale, sui quali e attraverso i quali agiscono i determinanti biologici. L'evoluzione della società umana attraverso diverse forme di organizzazione preclassista e poi classista, e i relativi modi di produzione, hanno creato ideologie sociali, giustificando e promuovendo forme di autocoscienza collettiva. Queste sono incarnate nei costrutti ideologici di "mascolinità" e "femminilità". Si possono chiamare "ruoli" o "identità", purché si riconosca che non sono né espressioni spontanee dell'essenza interiore di un individuo né un riflesso non mediato della biologia, ma sono sovrapposti alla giustificazione patriarcale dell'oppressione delle donne.
Né la definizione biologica di sesso né la diffusa prevalenza dei ruoli sociali devono essere reificate e considerate al di fuori del loro sviluppo fatto di interazioni, conflitti e fusioni nel corso delle epoche storiche. Con questa riserva, possiamo usare la parola "genere" per descrivere il ruolo sociale che la società si aspetta dai sessi bipolari e che viene interiorizzato fin dall'infanzia. Fino agli ultimi decenni, nella lingua inglese era semplicemente un sinonimo (spesso un eufemismo) di "sesso", e spesso compariva nei documenti ufficiali in questo senso.
Si può inoltre osservare che un certo numero di persone non si identifica soggettivamente con il genere congruente con il proprio sesso biologico. Quante siano, o quale percentuale della popolazione rappresentino, è stato a lungo nascosto dall'oppressione e dalla repressione. Molte di loro provano quella che da tempo viene definita dal punto di vista medico "disforia di genere", compresa la disforia corporea. Questa era (ed è tuttora) ampiamente considerata come una condizione medica (o un disturbo psicologico) e trattata come tale, a volte senza il consenso della persona interessata. In questo aspetto, si tratta dello stesso atteggiamento di lunga data nei confronti dell'omosessualità. Ma se le persone transgender (così come gay e lesbiche) possono soffrire di condizioni mediche e psicologiche, queste non possono essere separate dal profondo stigma sociale e dall'intolleranza che le persone con identità trans devono affrontare in famiglia, a scuola, sul posto di lavoro e nella vita sociale in generale.
L'OPPRESSIONE DELLE PERSONE TRANS
Negli ultimi anni, la discriminazione, la stigmatizzazione e la violenza contro le persone transgender sono state maggiormente riconosciute nell’opinione pubblica, grazie alla lotta delle persone trans contro la propria oppressione. In diversi Paesi sono state approvate o riformate leggi che riconoscono alle persone transgender diritti che ne attenuano la discriminazione. Questo vale per alcuni – anche se pochi – Paesi imperialisti occidentali, come la Danimarca, che nel 2014 ha legalizzato l'autodefinizione. Nella maggior parte degli stati europei, tuttavia, tra cui Germania, Regno Unito, Francia, Spagna e Italia, è richiesta una "prova" medica – ad esempio di disforia di genere – per cambiare il riconoscimento legale. Misure legali di liberalizzazione sono state approvate anche in alcune semicolonie come Argentina, India, Pakistan e Nepal, anche se questo non significa certo che la reale e grave oppressione sociale delle persone transgender sia stata superata.
Tuttavia, nella maggior parte dei Paesi, le disuguaglianze e le discriminazioni sul lavoro e sui diritti civili, la stigmatizzazione da parte dei media, l'ostracismo sociale, gli abusi e i crimini di odio non sono affatto diminuiti. La svolta reazionaria nella politica globale e l'ascesa della destra minacciano di fatto anche i limitati diritti conquistati dalle persone transgender (così come minacciano le conquiste di donne, omosessuali o le conquiste della liberazione sessuale). Queste persone sono oggetto di violenze e aggressioni più frequentemente rispetto agli eterosessuali, con un numero estremamente elevato di casi non denunciati e persino di omicidi mirati (soprattutto in Brasile, Messico e Stati Uniti).
Come praticamente tutte le forme di oppressione sociale, l'oppressione delle persone trans colpisce in modo diseguale individui appartenenti a classi sociali diverse. Le riforme delle leggi le disposizioni che favoriscano l'uguaglianza vanno di pari passo con la continua esclusione nella vita pubblica, nella professione, nella ricerca di lavoro o in famiglia (fino alla rottura di tutti i legami familiari e all'allontanamento da casa). Gli stereotipi di genere bipolari, che promuovono un'immagine reazionaria della donna, stigmatizzano anche le persone transgender, transessuali, intersessuali e omosessuali come "innaturali", "devianti", "pedofili", "stupratori", ecc. Inoltre, l'ascesa di una destra populista socialmente reazionaria, spesso alleata con il fondamentalismo religioso, ha intensificato l’aggressività contro le persone transessuali in molte società.
Fino a qualche decennio fa, il transgenderismo/transessualità non era visto come un'espressione della propria identità di genere, ma come una deviazione patologica medica e psicologica. Il fatto che in alcune culture o periodi storici le persone transgender siano state socialmente accettate, anche se in contesti culturalmente limitati, non cambia il fatto che oggi esiste una discriminazione sistematica in tutti i Paesi. In una società in cui tutte le forme di orientamento sessuale o di identità di genere che si discostano dall'eterosessualità sono sistematicamente oppresse, è inevitabile che le persone che si discostano da questa norma appaiano "anormali". In realtà, la categorizzazione del transgenderismo come malattia è essa stessa una forma di discriminazione, stigmatizzazione e transfobia.
Le riforme legislative borghesi degli ultimi decenni hanno portato a un miglioramento della situazione delle persone transgender in alcuni Paesi, e hanno incoraggiato un maggior numero di persone a esprimersi, a richiedere procedure di cambio di sesso e il riconoscimento della propria identità. Tuttavia, la discriminazione sistematica si è conservata, e le sue radici non possono certo essere rimosse nel capitalismo. Va anche notato che in Paesi come l'Iran il "problema" dell'omosessualità o, piuttosto, i problemi causati dalla legge religiosa che prevede la pena di morte per essa, sono stati alleviati riconoscendo il transgenderismo e prescrivendo procedure chirurgiche e di altro tipo per "ripristinare" il "vero" sesso di un omosessuale. I comunisti condannano questa politica disumana. Ciò rivela semplicemente che la liberazione delle donne, delle persone trans e omosessuali sono inseparabili.
LE RADICI DELL'OPPRESSIONE
L'oppressione delle persone transgender si basa sulla divisione sessuale e di genere del lavoro nella società, nella misura in cui la loro oppressione si basa sull'esistenza della famiglia borghese e sull'oppressione delle donne al suo interno. Durante la nascita e lo sviluppo della società classista, è sorta una divisione del lavoro legata alla crescita dei figli, al lavoro domestico (cucina, pulizia) e alla trasmissione patrilineare della proprietà. A questo si accompagnava l'esclusione delle donne dalla vita politica.
Anche se le forme di questa oppressione cambiano continuamente in seguito alla sostituzione di una formazione sociale con un'altra, l'oppressione delle donne, a differenza di altre forme di oppressione sociale, come quella nazionale, permea tutte le società classiste. La rispettiva struttura familiare costituisce anche un meccanismo di riproduzione e una cinghia di trasmissione per i ruoli di genere, gli stereotipi, le norme e i vincoli sociali prevalenti.
Nell'ambito del capitalismo, la famiglia borghese costituisce un'istituzione centrale per la mediazione e la riproduzione dei ruoli di genere reazionari ed eteronormativi, delle identità di genere e dell'orientamento eterosessuale basato sulla divisione del lavoro per sesso/genere. Ciò è ulteriormente rafforzato dalla morale prevalente, dai valori e dalle leggi della società. Oltre che dalla famiglia, tali ruoli vengono trasmessi attraverso le istituzioni religiose, i media, le istituzioni educative e permeano anche le idee prevalenti della medicina, della biologia e delle scienze sociali.
La separazione e l'opposizione delle sfere di produzione e riproduzione è tipica del capitalismo. Si manifesta e si riproduce nell'istituzione della famiglia borghese, nonostante le sue diverse forme e nonostante le tendenze del capitalismo a minarla. Un fattore essenziale nella trasfigurazione ideologica e nella giustificazione della famiglia è che essa appare come un'istituzione naturale, sovrastorica, espressione della "natura umana". Sebbene i ruoli di genere, le pratiche sessuali e le identità di genere siano socialmente determinati e soggetti a continui cambiamenti nel corso dello sviluppo storico, le norme prevalenti appaiono sempre "naturali", mentre altre appaiono "innaturali", patologiche o addirittura distruttive.
Il fatto che l'oppressione delle persone transgender sia diventata una questione politica è di per sé il risultato delle lotte sociali, in particolare del movimento delle donne, della lotta per la liberazione di gay e lesbiche, e del movimento per la liberazione sessuale. Tutte queste lotte hanno messo in discussione i ruoli di genere tradizionali, apparentemente naturali, e la sessualità eteronormativa. D'altro canto, però, questi movimenti hanno anche prodotto ideologie che contengono a loro volta ricostruzioni false, perché unilaterali, del rapporto tra sesso biologico, ruoli socialmente imposti e coscienza dell'identità di genere, che oggi danno forma alle ideologie del movimento femminista e degli attivisti trans radicali. Come tutti i punti di vista unilaterali, idealistici e/o meccanicistici, anche questi portano a conclusioni politiche errate, comprese tattiche o rivendicazioni che sono controproducenti per la lotta di liberazione.
In modo approssimativo e semplice ci sono due "poli" nella discussione. Un polo, che comprende importanti settori e ideologi del movimento femminista, considera il sesso come qualcosa di biologicamente dato, e il genere come semplicemente ruoli o stereotipi di genere imposti socialmente, e quindi non "reali". Pertanto, l'esistenza di persone transgender appare alle femministe radicali come un rafforzamento e persino una celebrazione dei ruoli di genere oppressivi. Un'opposizione tra sesso biologico e identità di genere, ossia la consapevolezza che la propria identità di genere è in contrasto con il proprio sesso biologico, non può che apparire come una "deviazione", una "perversione" o una "malattia", o un attacco maschile ai diritti faticosamente conquistati dalle donne. D’altra parte, esiste anche una tendenza nel femminismo radicale che tratta i ruoli di genere come se avessero una base biologica, e celebra la femminilità come se avesse caratteristiche positive come la mansuetudine e la cooperazione, in contrasto con le caratteristiche maschili come l'aggressività e la competitività.
Le correnti predominanti del movimento femminile borghese e piccolo-borghese incarnano una tendenza verso una classica politica dell'identità (identity politics) e verso la rigida deduzione degli stereotipi di genere dalle caratteristiche biologiche. Una relazione repressiva tra i sessi (non tra le classi) che attraversa allo stesso modo tutte le società viene considerata da loro la caratteristica e la relazione essenziale di tutta la storia precedente (a volte collegata in modo eclettico all'anticapitalismo o all'antirazzismo, ad esempio nella teoria della tripla oppressione). L'ideologizzazione di certe caratteristiche delle donne ha sempre la tendenza a presentarle come caratteristiche trans-storiche e naturali (una tendenza che ha influenzato anche autori del movimento comunista come Alexandra Kollontai).
La teoria queer, su cui si basano molti attivisti trans radicali e le correnti femministe più recenti, ha giustamente sottolineato (ad esempio, Judith Butler in Gender Trouble) le debolezze della politica dell'identità e, in particolare, ha richiamato l'attenzione sul fatto che la concezione di "donna" è spesso basata sulla realtà delle donne bianche, con istruzione accademica e di classe media. Da qui il sostegno alla teoria queer da parti significative del movimento antirazzista e delle donne nere. Ma la teoria queer e molti degli attivisti trans che basano il loro attivismo su di essa si oppongono al movimento femminista tradizionale con una teoria non meno unilaterale,
spiegando il sesso biologico come un costrutto.
Per Butler, ad esempio, è la "cosa in sé" kantiana, che in definitiva non possiamo riconoscere. Il sessismo e l'eteronormatività non appaiono come espressione ideologica e risultato dell'oppressione sociale basata su una divisione del lavoro specifica per genere, ma sono dichiarati essi stessi causa dell'oppressione. La "matrice eteronormativa", l'immagine "binaria" dei sessi, in realtà produce "i sessi", così come la divisione del lavoro specifica per genere appare come risultato del discorso sui sessi, e non viceversa. La divisione del lavoro in base al genere non è più considerata la causa e il meccanismo riproduttivo dell'oppressione delle donne.
Allo stesso tempo, e di conseguenza nella pratica, questa visione idealista trasforma anche la radice dell'oppressione femminile (la divisione del lavoro in base al genere) in una questione secondaria. La lotta vera e propria non deve essere diretta contro le radici materiali dell'oppressione delle donne, ma contro il discorso prevalente sul sesso e sul genere. L'aspetto specifico dell'oppressione delle donne e, in ultima analisi, anche dell'oppressione delle persone omossessuali, scompare nella teoria queer. Le diverse forme di oppressione, anche se tutte legate all'istituzione della famiglia, spariscono in quella che sembra essere una "relazione di genere" onnicomprensiva. L'oppressione delle donne e l'oppressione delle persone omosessuali, bisessuali, intersessuali e transessuali vengono riunite e ideologizzate sotto questo termine. Questo è un colpo involontario non solo contro il femminismo, ma anche contro il movimento delle donne e, in ultima analisi, contro le richieste concrete delle stesse persone transgender.
GENERE BIOLOGICO, IDENTITÀ, RUOLI DI GENERE
Prima di approfondire l'argomento, dobbiamo esaminare da vicino il rapporto tra genere biologico, identità e ruoli di genere.
Come materialisti, riconosciamo la sessualità biologica bipolare come un dato di fatto. Solo chi dichiara che la riproduzione dell'uomo è una questione insignificante per l'umanità può astrarre da ciò o ignorarlo.
La sessualità bipolare è più antica dell'uomo stesso, essendo comune a tutti i mammiferi e a molte altre classi di animali e piante. Nella specie umana rappresenta un dato relativamente costante dal punto di vista storico, ma nel corso del suo sviluppo storico-culturale ha sperimentato una sorprendente variabilità nella sua espressione. Ciò dimostra una complessa interazione tra una base fisica biologicamente fondata, una strutturazione psicologica ontogeneticamente condizionata, e un'aspettativa di ruolo sociale, ossia le condizioni sociali prevalenti storicamente specifiche. L'identità sessuale e di genere di una persona è quindi il risultato di un complesso di funzioni biologiche, tendenze sessuali, requisiti e aspettative sociali, nonché della propria mente subconscia e inconscia. Ciò implica quindi che il sesso biologico e l'identità di genere possono contraddirsi, come nel caso delle persone transgender.
Anche tra i "poli" dell'uomo e della donna, come espressione del binomio biologico maschio/femmina, esistono una serie di stadi o caratteristiche intermedie, combinate, di transizione, la cui definizione non è affatto così chiara, né dal punto di vista biologico né da quello medico. Non rappresentano un terzo sesso uniforme, ma piuttosto una serie di gradazioni transitorie. Anche a livello prenatale, la definizione di una costituzione maschile o femminile non avviene in modo semplice e generalmente chiaro, piuttosto si tratta di un approccio più o meno riuscito all'una o all'altra possibilità di sviluppo. Se questo approccio rimane indeciso, l'identità viene definita intersessuale.
Il fatto che l'identità transgender sia biologicamente radicata o meno, o in quale misura, non è decisivo per un programma contro la sua oppressione. Poiché la sessualità umana (o la sua realizzazione) deve sempre essere collegata alle norme e alle categorizzazioni di genere prevalenti, ai fenomeni legali, sociali e psicologici, la sua formazione è anche sempre storicamente e socialmente relativa. Il sesso biologico esiste sempre in relazione ai ruoli o alle norme di genere che prevalgono in una particolare formazione sociale, nonché alle identità di genere che prevalgono. Gli esseri umani possono avere un'identità di genere opposta al loro sesso biologico (deviando da esso), poiché sono esseri sociali, la cui identità sessuale e sessualità è necessariamente sempre comunicata socialmente, e deve esprimersi in una coscienza della propria sessualità: in un'identità sessuale.
Quando gli esseri umani hanno raggiunto uno stadio storico di sviluppo in cui i mezzi di produzione e le risorse accumulate non erano più trasmessi in egual misura alla generazione successiva come collettività, è stato necessario limitare la vita sessuale in una forma adatta a questo obiettivo (ad esempio, la monogamia forzata per la donna). Questo sistema patriarcale, passando attraverso vari modi di produzione, richiede che gli aspetti socio-culturali della sessualità che ne derivano siano definiti ruoli o stereotipi di genere. La transessualità (come l'omosessualità) trasgredisce questi ruoli di genere predominanti, in particolare il loro status "naturale", il che significa anche che le persone trans sono di solito costrette a comportarsi e sentirsi secondo il loro "vero" sesso.
In sintesi, nella società classista in generale, e nel capitalismo in particolare, il sesso biologico, la sessualità e i ruoli di sesso/genere sono il prodotto di queste determinazioni con una molteplicità di varianti di sviluppo e possibilità di espressione. Questo non può essere ridotto alla biologia, né alla semplice strutturazione psicologica, né alla semplice espressione di un costrutto sociale, né ricondotto semplicemente a una preferenza nella scelta del partner.
È fondamentale che le questioni del sesso biologico, dei ruoli di genere e dell'identità di genere siano questioni di relazione. Nella società borghese, l'oppressione non solo delle donne ma anche di persone omosessuali e transgender è necessaria come risultato di una struttura familiare repressiva e di ruoli di genere reazionari.
IL PROGRAMMA
Il nostro programma contro l'oppressione delle persone trans include una serie di richieste democratiche e sociali, molte delle quali analoghe alla lotta contro altre forme di oppressione di genere o sessuale.
Le persone transgender subiscono vari gradi di oppressione emotiva all'interno della famiglia, ed esclusione sociale e bullismo a scuola, quando trasgrediscono le norme di genere: spesso sono anche sottoposte a tentativi di "cura" di natura medica. Un numero elevato di giovani transgender reagisce a questa situazione scappando, entrando in contatto con la droga e arrivando al suicidio.
I comunisti riconoscono che nella società capitalista (e anche in quella post-capitalista, fino a quando le classi e l'oppressione delle donne non svaniranno definitivamente) la repressione delle sessualità e delle identità di genere trasgressive continuerà, così come la necessità di combatterla. Difendiamo il diritto delle persone adulte (post-pubertà) di sottoporsi a terapia o chirurgia di "riassegnazione". Allo stesso modo, difendiamo il diritto dei minori che mettono in discussione la loro identità di genere di essere assistiti e protetti dal bullismo o da qualsiasi forma di discriminazione.
Quando le scuole progressiste cercano di venire incontro agli alunni trans, vengono spesso accusate da chiese, genitori timorosi, politici conservatori e alcune femministe radicali di "insegnare" o "promuovere" il transgenderismo, incoraggiando i bambini a cambiare sesso, a sottoporsi a terapie ormonali o a "riassegnazioni" chirurgiche, ecc. Siamo favorevoli a un'educazione sessuale scientificamente fondata che spieghi i fattori biologici e sociali determinanti, e che si limiti a "sostenere" la comprensione, l'opposizione all'oppressione e la libertà dei giovani di svilupparsi sessualmente secondo i loro desideri (naturalmente con la precisa condizione che ciò non danneggi effettivamente nessun altro, come ad esempio nel caso di "abuso di minori", pedofilia e altre autentiche perversioni sessuali).
Pertanto, rivendichiamo::
• L'abrogazione di tutte le leggi discriminatorie nei confronti delle persone transessuali e omosessuali; protezione dalla discriminazione sul posto di lavoro e nella vita pubblica.
• L'autoidentificazione dell'identità di genere per quanto riguarda lo Stato (su documenti legali, accesso a prestazioni sanitarie e assicurative, ecc).
• Sosteniamo il diritto delle persone trans all'autodeterminazione sul proprio corpo, compreso il diritto alle procedure di "cambio di sesso" e alla consulenza medica gratuita. Ciò deve essere finanziato dall'assistenza sanitaria pubblica o da fondi di assicurazione sanitaria pubblica. La consulenza dovrebbe essere fornita da medici, psicologi e consulenti che godano della fiducia delle stesse persone transgender e degli oppressi. Rifiutiamo i cambiamenti di sesso imposti contro la volontà delle persone interessate.
• Diritto all'adozione, riconoscimento come genitori o partner.
• Diritto all'uso di servizi igienici adeguati al genere dichiarato dalla persona trans. Gli spazi sicuri per le donne devono avere il diritto di escludere le donne individualmente abusanti o minacciose, e devono essere sotto il controllo delle donne che li utilizzano e li gestiscono, comprese le donne trans.
• Protezione legale delle persone transgender che desiderano descriversi come "indeterminate" o terzo sesso nei documenti; le persone transgender dovrebbero essere riconosciute come forme legittime di identità di genere, non stigmatizzate come una malattia.
Nella classe lavoratrice e tra gli oppressi, sosteniamo una campagna pubblica contro la transfobia (così come contro l'omofobia). Le persone trans devono avere il diritto di riunirsi in riunioni separate nel movimento dei lavoratori, nei sindacati e nei partiti dei lavoratori. Se questo viene fatto insieme ad altri, ad esempio persone omosessuali o donne, dovrebbe essere deciso congiuntamente e con l'accordo di donne, omosessuali, ecc.
Riconosciamo che tra coloro che si oppongono all'inclusione delle persone trans negli spazi per le donne, questo punto di vista è dominato da individui e organizzazioni trans-escludenti e apertamente transfobici. Tuttavia, come comunisti, dovremmo cercare di distinguere tra gli elementi radicalmente transfobici, da una parte, e quelli che non capiscono o sollevano preoccupazioni in buona fede. Il nostro obiettivo non dovrebbe essere quello di bollare tutti questi ultimi come TERF [trans-exclusionary radical feminist, femminista radicale trans-escludente] o transfobici, ma di offrire punti di vista alternativi e un'educazione che ci permetta di conquistarli.
Nel caso di quote per il servizio pubblico o di quote per le donne nei partiti politici e nei sindacati, chiediamo che le donne trans siano considerate come donne. In ogni caso concreto di conflitto, dovrebbero decidere le assemblee sindacali e i comitati dei lavoratori, che saranno composti principalmente da donne e persone trans.
Rifiutiamo l'idea di alcune femministe che tutte le donne trans siano “in realtà” uomini. In definitiva, ciò trasforma una questione di oppressione sociale in una questione apparentemente puramente biologica (che di per sé non è così chiara). Soprattutto, però, si ignora il fatto che le donne trans, anche se spesso sono state socializzate come uomini, ora vivono come donne, sperimentando anche la loro oppressione.
Riconosciamo che i diritti o le richieste delle persone socialmente oppresse possono entrare in conflitto. Tale conflitto non può essere "regolato" con la messa al bando di opinioni diverse, che può solo esacerbarlo. Rifiutiamo qualsiasi minaccia fisica e, pertanto, riconosciamo il diritto all'autodifesa contro tali minacce. Il nostro interesse è piuttosto quello di risolvere il conflitto con un accordo ragionevole, ossia nel pieno rispetto dei rispettivi interessi di liberazione e delle esperienze di oppressione.
Purtroppo, i conflitti tra gli oppressi sociali, lo scontro tra le reciproche richieste e rivendicazioni non sono una rarità nella società borghese, ma continuano a ripresentarsi. La classe lavoratrice ha un interesse fondamentale a regolamentarli in modo il più possibile democratico, trasparente e tenendo conto delle legittime preoccupazioni di tutte le parti. In linea di principio, una simile regolamentazione non dovrebbe essere lasciata allo stato borghese. Pertanto, siamo favorevoli all'istituzione dei suddetti comitati in caso di conflitti di reclutamento/quote, ecc. Nel movimento operaio rifiutiamo categoricamente anche qualsiasi diritto dello stato borghese di intervenire nelle elezioni, negli statuti, nelle finanze, ecc. delle nostre organizzazioni di classe.
Anche i migliori "meccanismi di risoluzione dei conflitti", tuttavia, limitano solo gli effetti negativi di eventuali conflitti, ma non possono impedirne lo scoppio. Nella società borghese, le persone sono messe in competizione tra loro. Ciò comporta sempre il pericolo che, ad esempio, nel caso della competizione per i posti di lavoro, diversi gruppi oppressi si affrontino anche come concorrenti. La soluzione non può limitarsi a un processo democratico di risoluzione dei conflitti, ma deve risiedere anche nella lotta per le rivendicazioni sociali, ad esempio per un programma di lavori socialmente utili, per una riduzione dell'orario di lavoro. Tali conflitti possono essere superati solo attraverso una lotta sociale e politica contro lo sfruttamento e l'oppressione, creando un movimento della classe lavoratrice che combatta tutte le forme di sfruttamento e di oppressione.
Solo un ordine sociale che superi consapevolmente lo sfruttamento di un essere umano da parte di un altro, l'oppressione storica delle donne e la divisione del lavoro specifica per genere su cui poggia, può rimuovere il terreno su cui crescono i ruoli di genere reazionari, la famiglia borghese e la morale sessuale repressiva. Solo l'instaurazione del dominio della classe lavoratrice può consentire la transizione verso una società di questo tipo, e quindi anche verso un ordine libero da ogni oppressione sociale. Solo in una società di questo tipo la sessualità umana e l'identità di genere (così come l'individualità umana in tutte le sue sfaccettature) potranno dispiegarsi liberamente.