Dalle sezioni del PCL
Con il fascismo nessuna pace, nessuna amnistia, nessun patto!
Per la ripresa di un movimento antifascista di classe e rivoluzionario a Schio e dovunque!
9 Luglio 2024
Comunicato della sezione di Vicenza dopo la manifestazione antifascista di domenica 07 luglio 2024 in occasione dell’anniversario dell’Eccidio di Schio (Vicenza) e le relative polemiche sollevate dall’estrema destra e dal centrosinistra.
Domenica mattina siamo sces3; in piazza a Schio per l’annuale manifestazione antifascista in occasione dell’anniversario del cosiddetto Eccidio di Schio. Manifestazione purtroppo necessaria viste le becere provocazioni neofasciste che accompagnano questa data.
Abbiamo costituito un piccolo spezzone a cui hanno aderito alcune realtà del territorio non afferenti al nostro partito. Lo spezzone intendeva con il suo striscione – poi finito sotto la lente non proprio benevola dei media e usato da alcuni giornali, in primo luogo del Giornale di Vicenza, come esemplificazione fotografica dell’intera manifestazione – richiamare l’attenzione sulla necessità di un antifascismo radicale e non compromissorio nel solco della migliore tradizione del movimento operaio e ispirandosi proprio all’esempio del movimento partigiano stesso. Abbiamo basato la nostra presenza in piazza sulla difesa della liceità di un movimento antifascista autorganizzato e non istituzionale, capace di contrastare efficacemente ogni azione fascista e in grado di costruire forme adeguate di autodifesa militante e di solidarietà all’interno del frammentato universo antifascista. Il nostro partito rivendica da sempre il bisogno, ora più che mai necessario, di un antifascismo che sappia ricollegarsi alle istanze anticapitaliste riconoscendo e denunciando il nesso tra tutela dello status quo borghese e fascismo rivendicando l’abbattimento dell’attuale governo postfascista (e di ogni governo borghese) e proponendo una chiara alternativa di sistema: il governo delle lavoratrici e dei lavoratori. Il solo governo che può liberare il proletariato da ogni forma di sfruttamento, abbattere ogni tipo di oppressione e distruggere per sempre il fascismo.
Con il nostro striscione abbiamo voluto anche ricordare due macchie vergognose ed ingiustificabili dell’antifascismo italiano e vicentino. In primo luogo, il vile tradimento operato nel 1946 dal PCI stalinista e dal suo segretario Palmiro Togliatti (all’epoca anche ministro di grazia e giustizia nel primo Governo De Gasperi) nel tentativo di accreditarsi agli occhi della borghesia nel governo del capitale. L’Amnistia Togliatti infatti ha permesso a migliaia di fascisti di vedere estinti i propri reati politici (in diversi casi anche molto gravi) e di tornare immacolati alle loro precedenti posizioni all’interno dell’apparato industriale e delle istituzioni borghesi. In secondo luogo, il Patto di Concordia Civica siglato, con l’attivo coinvolgimento dell’allora giunta di centrosinistra, a Schio il 18 maggio 2005 da ANPI, AVL e dal comitato dei famigliari delle vittime dell’eccidio. È utile sottolineare che questo documento sta alla base della legittimità e dello sdoganamento della crescente presenza neofascista in città durante le annuali commemorazioni e non solo.
Cogliamo quest’occasione per spendere due parole anche sulla vicenda dell’eccidio. Soprattutto per ristabilire un minimo di verità. È un dato di fatto incontrovertibile che l’assalto del “commando partigiano comunista” alle carceri mandamentali e la conseguente morte di 54 persone ivi detenute sono il frutto della frustrazione e del tradimento delle istanze più genuine e popolari della lotta partigiana, quelle istanze che concepivano la liberazione dal fascismo solo come il primo passo verso un nuovo ordine sociale, ovvero come l’inizio della tanto desiderata rivoluzione. Furono il comportamento negligente, compromesso e incerto dei partiti del CLN (e in particolare modo di PCI e PSI), l’aperta ostilità degli eserciti alleati – che avevano pattuito con Stalin una precisa demarcazione del continente europeo in aree di influenza e che avevano fatto dell’Italia una zona di confine dell’area di influenza capitalista – e l’evidente restaurazione del sistema capitalista e liberale, lo stesso sistema che aveva partorito e foraggiato il fascismo poco più di vent’anni prima, ad infrangere le aspettative di milioni di proletar3 ed antifascist3 in tutta la penisola creando una situazione in cui era ovvio che si sarebbero formate sacche di malcontento e resistenza. Episodi come quello di Schio costituirono il sintomo violento della presa di coscienza da parte delle classi oppresse del tradimento definitivo dei valori antifascisti e anticapitalisti. Schio è una delle tante risposte istintive e feroci alla disillusione nei confronti di quel nuovo stato “nato dalla Resistenza” che era davvero troppo simile al vecchio.
È altrettanto inattaccabile il fatto che gli autori dell’eccidio non colpirono poveri detenuti comuni e rispettabili cittadini per semplice “sete di sangue” come sostiene la retorica dei gruppi fascisti e anticomunisti. La quasi totalità delle vittime era collusa con o legata al PFR o al disciolto PNF, talvolta si trattava di figure di spicco del fascismo locale spesso con incarichi di rilievo dentro al partito e nell’amministrazione del territorio, oppure si trattava, in vari altri casi, di torturatori di partigiani, rastrellatori, brigatisti neri, militi repubblichini, ausiliarie, squadristi della prima ora, spie e delatori che erano stati al servizio di fascisti e nazisti. Basta scorrere la lista dei nomi e fare un minimo di ricerca per comprendere che la loro presenza in carcere a guerra finita era più che giustificata mentre la loro paventata e quasi certa liberazione non poteva che essere giustamente percepita come oltraggiosa e provocatoria da chi aveva dedicato venti mesi (o addirittura decine di anni) della propria vita alla causa della liberazione dell3 oppress3 e alla distruzione del fascismo. Non possiamo e non vogliamo lasciare alcuno spazio a coloro che nel nome della condanna contro la giustizia sommaria intendono fare del lapalissiano revisionismo storico nel nome della riabilitazione del fascismo, peraltro nella sua forma più violenta e ferale, e demonizzare senza appello il movimento comunista e operaio.
Alla luce di tutto ciò e guardando più in generale alla situazione politica e sociale – fatta di tentativi di riforme autoritarie, leggi antipopolari ed oscurantiste, uso sistematico della repressione di qualsiasi forma di dissenso, piena legittimazione pubblica dei movimenti reazionari e fascisti e della violenza squadrista – inaugurata dall’attuale governo, troviamo assurda e calunniosa la polemica montata ad arte dalla stampa locale (e amplificata a livello nazionale, come di consueto, da alcune testate di orientamento reazionario) e da diversi esponenti di destra (in primis Elena Donazzan e Alex Cioni, entrambi militanti di FdI) e rimandiamo ogni presunta accusa contro la piazza al mittente. Riteniamo inoltre incomprensibile e inopportuna la scelta dell’ANPI provinciale e di diverse altre sigle dell’associazionismo antifascista di dissociarsi dalle componenti più radicali della piazza di domenica. La manifestazione antifascista del sette luglio a Schio – come ogni altra mobilitazione antifascista – è sempre stata e sarà sempre legittima e tutte le organizzazioni del movimento operaio e rivoluzionario, come la nostra, continueranno ad animare questa piazza e tutte le altre piazze della nostra provincia per portare portare avanti la sacrosanta battaglia contro il fascismo e per un mondo finalmente libero dalla barbarie dello sfruttamento dell’essere umano sui suoi simili e sull’ambiente.
L’antifascismo non si delega!
Antifascismo è anticapitalismo!