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Le elezioni in Francia e la posizione dei marxisti rivoluzionari
29 Giugno 2024
Un commento alla vigilia del primo turno delle elezioni legislative in Francia del 30 giugno
La situazione in Francia oggi è determinata dal grande successo elettorale alle elezioni europee del Raggruppamento Nazionale (Rassemblement National - RN), che si candida alla direzione del governo francese. Mentre scriviamo non è ancora chiaro se il partito di Marine Le Pen riuscirà ad ottenere una maggioranza in Parlamento, magari con qualche accordo con gollisti di destra e indipendenti vari. Probabilmente è più facile che si apra una situazione di instabilità, che è forse quello a cui punta Macron per logorare il RN (e anche la sinistra) e cercare di riproporre a medio termine una soluzione centrista in nome della salvaguardia dello Stato francese, del suo ruolo internazionale e della sua economia.
Punto determinante è che il successo della formazione di estrema destra è dovuto alle politiche antipopolari dei governi di centro e anche della “sinistra” socialista, nonché della destra tradizionale gollista. Ma se la politica dei governi borghesi, di destra, di centro e di sinistra che si sono succeduti certamente ha favorito il successo di RN, non è stato solo questo che gli ha permesso di rafforzarsi, ma anche la presa che idee reazionarie e in particolare razziste hanno sui settori più arretrati della popolazione.
Ciò detto, non bisogna pensare che il fascismo sia alle porte di Parigi. E questo anche nel disgraziato caso in cui RN avesse la maggioranza assoluta dei parlamentari, Bardella diventasse primo ministro, Macron fosse costretto a dimettersi (o decidesse di andare alle elezioni per riproporsi tra qualche anno) e Marine Le Pen fosse eletta presidente. Il vecchio Fronte Nazionale (FN) capeggiato da Le Pen padre era un partito fascista, ma Marine Le Pen lo ha progressivamente trasformato, fino ad espellere il padre e a cambiare il nome del partito in RN. Quello attuale è un miscuglio di quello che in Italia sono Fratelli d’Italia e la Lega. Certo una forza di estrema destra, ma non propriamente fascista. Naturalmente una sua vittoria sarebbe molto negativa, in primis per gli immigrati e i migranti e per alcune libertà democratiche. Poi, fatta qualche demagogica misura populista, riprenderebbe l’“agenda Macron” (non a caso il multimiliardario Bolloré è un grande sostenitore e finanziatore di RN). Naturalmente questo implica che è necessario cercare di impedire la vittoria del RN, ma anche un recupero di Macron. Il che è obbiettivamente difficile, ma è la chiara volontà di quella larga parte di lavoratrici e lavoratori, giovani e pensionati francesi che hanno realizzato, in centinaia di migliaia, manifestazioni contro il RN (che del resto molti di loro considerano puramente fascista).
Di fronte a questa situazione le forze politiche della sinistra hanno costituito un fronte elettorale unitario, dandogli il nome di Nuovo Fronte Popolare (NFP). I trotskisti conoscono assai bene il significato di questo termine e le conseguenze negative dei vecchi fronti popolari degli anni ’30, che in particolare in Francia e Spagna bloccarono la rivoluzione e aprirono la strada al fascismo. E questo è vero per altre esperienze successive alla seconda guerra mondiale, in particolare in America Latina. Ma in realtà questa nuova alleanza non è propriamente un “vero” fronte popolare. I fronti popolari storici nacquero dopo la svolta di 180 gradi dell’Internazionale stalinista con il congresso del 1935, che passò dal settarismo assoluto del cosiddetto “terzo periodo” alla prospettiva di alleanza con una parte della borghesia in nome dell’antifascismo. E in effetti quei fronti popolari erano politicamente composti dai partiti del movimento operaio, stalinisti e socialdemocratici, e da partiti “progressisti” borghesi (radicali, repubblicani, etc.). Il Nuovo Fronte Popolare francese è invece un blocco dei soli partiti riformisti e piccolo-borghesi (i Verdi), senza presenze di partiti direttamente borghesi.
La cosa va dunque bene? No. In primo luogo, i marxisti rivoluzionari coerenti con le posizioni originarie leniniste e trotskiste non considerano la presentazione elettorale come una questione di fronte unico, ma di propaganda programmatica tra le masse. Quindi si potrebbe dire che il fatto che i riformisti si presentino uniti o divisi non riguarda i rivoluzionari, che devono presentarsi appunto alla scadenza elettorale con gli scopi programmatici di cui sopra. Ciò detto, va ricordato che per dei marxisti rivoluzionari i principi politici non sono dei dogmi assoluti, ma delle guide per l’azione. In questo senso andava la posizione di Lenin espressa nell’Estremismo di dividere i candidati tra comunisti e laburisti nei vari collegi in base a primarie autorganizzate tra i lavoratori. Si trattava però di elezioni con l’antidemocratico sistema del maggioritario a un turno, in cui anche pochi voti per una forza minore potevano portare alla vittoria di un borghese. Riprodurre questa ipotesi sul terreno di voto a carattere proporzionale sarebbe assolutamente senza principi. In Francia vige il sistema maggioritario a doppio turno, e quindi il problema è a metà. In linea di massima, la presentazione indipendente al primo turno non ha grande peso, anche se c’è il problema del passaggio al ballottaggio. Se ci fosse una forza marxista rivoluzionaria di una certa consistenza (ad esempio il 5% o più), l’ipotesi di Lenin potrebbe essere posta anche in questa situazione. Ma la realtà ormai molto ridotta delle forze che si richiamo al marxismo rivoluzionario fa sì che il problema non si ponga. Per questo riteniamo del tutto giusto la scelta della maggioranza dell’estrema sinistra di presentarsi in forma autonoma al primo turno. Per quanto ci riguarda, quindi, noi facciamo appello al voto al primo turno per il Nuovo Partito Anticapitalista-Rivoluzionari (NPA Révolutionnaires, NPA-R), che si presenta in circa 30 collegi (in Francia una legge antidemocratica non prevede raccolta di firme, ma cinquemila euro per candidatura, in cambio dell’invio del materiale elettorale) e, dove questo non si presenta, per Lotta Operaia (Lutte Ouvrière - LO).
Inoltre, è naturalmente non meno importante il programma su cui si basa il NFP. Riformista avanzato (ovviamente a parole, poi bisognerà vedere) su questioni democratiche (ad esempio i diritti LGBTQIA+ o la proporzionale per le elezioni e il superamento della Quinta Repubblica semibonapartista) e sul terreno della tassazione dei ricchi, il NFP non dice nulla rispetto al grande capitale finanziario e industriale (non c’è ad esempio la nazionalizzazione delle banche evocata in un precedente programma della sinistra unita di alcuni anni fa, o progetti di rinazionalizzazioni). In questo senso si tratta di un programma non firmabile dai marxisti rivoluzionari.
Tuttavia, si pone il problema del rapporto con la base del Nuovo Fronte Popolare. Secondo i sondaggi, il sostegno elettorale dei marxisti rivoluzionari si attesta intorno all’1%, quello del NFP intorno al 30%. Sarebbe criminale non porsi il problema del rapporto con questa massa, che è quella che bisognerebbe conquistare politicamente per porsi concretamente il problema della rivoluzione. Né si può dire che si tratta di battere il RN nelle prossime lotte sindacali contro le sue misure antioperaie e popolari. Ciò naturalmente va detto e va fatto. Ma bisogna porsi oggi il problema del rapporto con la base del NFP sul terreno politico. Il leninismo e il trotskismo ci insegnano un buon metodo, anche se spesso insufficiente da solo, cioè l’appoggio critico elettorale. Noi pensiamo che le forze trotskiste, inevitabilmente non presenti al secondo turno, devono a questo secondo appuntamento dare un sostegno incondizionato ai candidati del NFP. E non si trattava, a nostro giudizio, di aspettare i risultati del primo turno, ma dichiararlo da subito. Tra l’altro questa tattica avrebbe potuto aumentare il sostegno elettorale dei rivoluzionari al primo turno, spingendo (di fronte a un atteggiamento non settario) i settori elettorali più avanzati e critici del NFP a premiarli con un voto al primo turno.
Naturalmente questa tattica non potrebbe essere una tattica rivoluzionaria se non si accompagnasse ad una critica alla politica passata dei riformisti, al governo o fuori di esso, ai loro limiti programmatici, e a una dichiarazione che non crei illusioni circa un loro cambiamento radicale.
Ciò dovrebbe essere accompagnato a positivo da una indicazione di obiettivi transitori che i marxisti rivoluzionari pongono per un reale fronte unico anticapitalista, e che in ogni modo essi sostengono come base di un reale governo delle lavoratrici e dei lavoratori in lotta per il socialismo. Obiettivi come la nazionalizzazione sotto controllo operaio e senza indennizzo (salvo ai piccoli risparmiatori) per banche e assicurazioni, grandi aziende e grandi proprietà; instaurazione del controllo operaio in tutte le aziende; lo scioglimento della polizia celere usata contro le manifestazioni; elezione a tutti i livelli dell’esercito di delegati dei soldati con diritto di veto; il ritiro di tutte le truppe francesi all’estero; l’indipendenza immediata dei dipartimenti e territori d’oltremare.
Solo con questa tattica coerentemente rivoluzionaria e al contempo flessibile sarà possibile ottenere i massimi risultati possibili nella lotta contro il RN, rafforzare la prospettiva di costruzione di un vero partito rivoluzionario e con ciò la prospettiva di una rivoluzione socialista, che unica può sbattere il fascismo e la reazione nella pattumiera della storia.