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Opporsi ai padroni e al governo, non alla vaccinazione di massa
Per un'alternativa anticapitalista nella gestione della pandemia
31 Luglio 2021
Nessun accodamento alle manifestazioni reazionarie no vax. Per un'autonoma posizione di classe in merito alla vaccinazione
Quasi 130000 persone in Italia, oltre 4 milioni nel mondo – molte ma molte di più in numeri reali, ovunque superiori a quelli registrati – si sarebbero vaccinate volentieri se solo ne avessero avuto la possibilità. Sono morte anche perché non l’hanno avuta. È bene partire da questo dato drammatico nell’affrontare la polemica sulla vaccinazione, sull’obbligo della stessa, sul cosiddetto green pass. È il principio di realtà che le manifestazioni in corso contro la “dittatura sanitaria” rimuovono con disinvoltura, spesso con cinismo.
Il crogiolo di sentimenti che anima le manifestazioni in corso è assai eterogeneo. Culture antiscientiste, ideologie neonaturiste, pregiudizi complottisti, paure ancestrali... Ma soprattutto l’egoismo individualistico di chi antepone ad ogni altra considerazione la proiezione smisurata del proprio “io”: la spontanea proiezione ideologica del piccolo-borghese, normalmente indifferente ai tagli della sanità pubblica, ma inviperito se la salute pubblica gli chiede semplicemente un contributo. La libertà che egli invoca è essenzialmente la propria libertà. Anche la libertà di contagiare. Non è un caso se le destre reazionarie egemonizzano questo sentimento. È la stessa ragione per cui egemonizzano l’indifferenza alla morte degli operai in fabbrica nel nome della libertà di sfruttamento; o il disprezzo per l'ambiente nel nome della libertà di saccheggiarlo; o l’ostilità contro gli immigrati nel nome della libertà dagli “invasori”. In ballo c’è sempre la propria libertà contro quella del genere umano, il suo diritto alla vita e alla dignità.
Si dirà che non sono solo i reazionari a protestare, che vi sono anche persone democratiche e persino settori antagonisti. Vero. Ma chi dà il segno politico e culturale alla protesta è indiscutibilmente la reazione: la sua base sociale nel commercio e tra i ristoratori (“Io apro” in fascia tricolore), il suo corpo militante tra gli organizzatori (inclusi Forza Nuova e CasaPound), i suoi referenti politico-istituzionali (Lega e Fratelli d’Italia). Se ambienti di sinistra e persino antagonisti si accodano di fatto a questo magma, ciò non misura un profilo più “progressista” delle manifestazioni, ma solo l’estrema confusione di questi ambienti, al di là naturalmente di ogni intenzione soggettiva. Il fatto che in Francia il grosso della sinistra politica cosiddetta radicale – Mélenchon in testa – partecipi alle manifestazioni reazionarie contro Macron dimostra che non c’è limite al peggio. Ma non abbellisce ciò che avviene in Italia. Semmai suggerisce di tamponare per tempo rischi analoghi.
Vi sono milioni di persone che non si possono vaccinare. Non che non vogliono, semplicemente non possono. Per ragioni di salute, di fragilità, di emarginazione, di età. È accaduto in tutta la storia delle vaccinazioni. L’obbligo vaccinale contro la poliomielite, sancito in Italia per legge nel 1965, mirò a proteggere dalla malattia fasce sociali emarginate del Meridione. Da allora la poliomielite è stata estirpata, nonostante le grida sulla libertà violata. Nel 1973, quando a Napoli si affacciò il colera, con 278 casi e 24 morti, la rivendicazione dei lavoratori e dei disoccupati fu quella dell’obbligo immediato di vaccino per tutta la popolazione. Il colera fu battuto anche per l’iniziativa del movimento operaio, con la vaccinazione di un milione di napoletani in una sola settimana. Vaccinarsi anche per chi non si può vaccinare appartiene alla storia della solidarietà classista.
La vaccinazione di massa si è sempre battuta contro le resistenze di culture reazionarie. Il vaiolo fu debellato nell’Ottocento in Inghilterra grazie all’inoculazione di un vaccino animale, contestato da furibonde campagne antivacciniste (le leghe contro il vaccino) che denunciavano, con l’identico frasario di oggi, la violazione statale delle libertà civili. Ciononostante anche i vaccini successivi, legittimati dalle scoperte di Pasteur e della microbiologia, incontrarono resistenze, proteste, spesso scomuniche religiose nel nome della superiore legge di natura voluta da Dio.
Sempre il progresso della scienza si è fatto largo infrangendo il pregiudizio, la “libertà” del piccolo-borghese. Il fatto che nel 2020-2021 la vaccinazione anti-Covid si confronti con campagne analoghe, diversamente assortite, dimostra in fondo che la società capitalista è incapace di alzare la coscienza generale al livello del progresso scientifico.
Un miliardo di africani è privato del diritto al vaccino, sequestrato dalle multinazionali e dai loro Stati imperialisti. In compenso nei paesi imperialisti settori significativi delle classi medie contestano non solo l’obbligo del vaccino, ma persino il più modesto green pass. Questa contraddizione misura l’irrazionalità dell’attuale condizione del mondo, sotto il dominio del capitalismo, non certo l'irrazionalità del vaccino.
Il pregiudizio piccolo-borghese è capace di mille nobili travestimenti.
“Gli attuali vaccini non sono stati testati, non si conoscono i loro effetti a distanza”, protestano con aria saccente fior fiore di intellettuali resistenti che rivendicano la “libertà” di scelta. In realtà le tecnologie che presidiano i nuovi vaccini mRNA sono state individuate nel 1990, esattamente trentuno anni fa. Le procedure della loro sperimentazione iniziarono nei primissimi anni Duemila, sotto la pressione dell'epidemia della SARS, ceppo originario dell’attuale Covid. Semmai la vera responsabilità degli Stati borghesi fu quella di affidare la ricerca scientifica alle case farmaceutiche, che l’hanno interrotta non appena la SARS si estinse, perché venne meno il proprio interesse di mercato. La rapidità con cui oggi sono stati individuati i vaccini è da un lato il ritorno dell'interesse di mercato per chi li produce – ingrassato dagli aiuti statali ai profitti a carico dei salariati – e dall'altro la ricerca scientifica pregressa. Ma invece di denunciare il criminale ritardo nella ricerca vaccinale dovuto al profitto, si chiama in causa la “sospetta” rapidità della scoperta del vaccino. Una rappresentazione capovolta della realtà, che assolve paradossalmente la società borghese.
I tempi brevi di sperimentazione clinica dei vaccini non riguardano solo i vaccini anti-Covid. Il vaccino influenzale tradizionale, ad esempio, non può disporre di anni di sperimentazione clinica, per il semplice fatto che cambia ogni anno, a causa della variazione dei ceppi virali. Dovremmo dunque abrogarlo?
Si dirà che non viene obbligato né indotto per legge. È vero, ma a fronte di una soglia di rischio enormemente più bassa del Covid, come dimostra ogni comparazione statistica.
In realtà la tesi per cui il vaccino va sperimentato sulla lunga distanza è solo un artificio retorico. Quanto sarebbe la distanza temporale necessaria per convincersi dell’opportunità del vaccino? Dieci, venti, trent'anni? L'argomento degli effetti a distanza è stato sempre usato storicamente contro tutti i vaccini da parte delle correnti antiscientiste. Sembra efficace solo perché confonde i piani. Certo, la scienza medica seria verifica sempre nel lungo periodo gli effetti delle proprie scoperte. Ma può dover anche confrontarsi con sfide drammatiche in tempi brevi, che decidono della vita e della morte di milioni di esseri umani. Rinunciare oggi alla vaccinazione o contestare l'esigenza della massima copertura vaccinale per rinviare alla verifica della lunga distanza significa scegliere la certezza qui e ora della moltiplicazione dei morti per Covid. Il rischio futuro è virtuale, la certezza presente è reale. Ha un senso dal punto di vista logico e umano?
Inoltre la verifica degli effetti a lunga distanza riguarda anche il Covid in quanto tale. Quali strascichi può avere sull'organismo dei guariti l'esperienza della malattia e anche solo del contagio? Il "long Covid" già oggi è oggetto di studio presso centinaia di migliaia di persone affette, a proposito di verifica scientifica. E le prime risultanze non sembrano rassicuranti (anche in termini percentuali, trattandosi del 20-30% dei contagiati).
“Non possono impormi nulla...” protesta il renitente al vaccino, facendo del proprio corpo un'insuperabile barriera. È facile obiettare che la sua libertà, che vorrebbe assoluta, è violata ogni giorno dai semafori stradali, dal divieto di guidare contromano (tanto più in autostrada), dal divieto di parcheggiare nello spazio riservato ai disabili, dalla proibizione di fumare in ambienti chiusi, dall’obbligo di disporre della tessera sanitaria, e... dall'obbligo di pagare le tasse (che il piccolo-borghese spesso evade, ma è un altro discorso). In ognuno di questi casi la “propria” libertà ha come confine la libertà degli altri, il loro diritto sociale e civile. Perché non dovrebbe valere lo stesso criterio in fatto di vaccinazione? I vaccini obbligatori esistono già. Non si vede quale ragione possa accampare il rifiuto “per principio” dell'obbligo di vaccinazione e persino della sua induzione (green pass).
La massima copertura vaccinale è suggerita da ogni considerazione sanitaria e sociale: protegge chi non si può vaccinare o non si è ancora vaccinato, rallenta la circolazione del virus, contrasta l'insorgere di ulteriori varianti, abbatte la carica virale del contagio.
Il fatto che oggi la massima contagiosità della variante Delta si combini con un tasso contenuto di ricoveri e terapie intensive, molto più basso che nelle prime ondate della pandemia, è la misura incontestabile dell'efficacia del vaccino. Si può non vederlo? È una ragione decisiva per completare la vaccinazione.
“Il vaccino non impedisce il contagio, neppure con la doppia dose. A che serve dunque?”. Seguono gli immancabili dati che dimostrano l’aumento percentuale dei vaccinati tra i contagiati. Questo argomento non regge la prova della logica. La vaccinazione non è totalmente sterilizzante; chi la presenta come tale, o così l’ha capita, è un cretino. Semplicemente la vaccinazione abbatte, senza annullarla, la possibilità di contagiarsi. È evidente che se si estende la vaccinazione di massa diminuisce il numero dei contagiati (di conseguenza dei ricoveri e dei decessi), ma aumenta parallelamente tra i contagiati la percentuale dei vaccinati. E viceversa: meno sono i vaccinati, più aumenta il numero dei contagiati, dei ricoverati, dei morti, mentre cala la percentuale dei vaccinati. Chi brandisce come prova di scandalo finalmente svelata il contagio di qualche vaccinato dimostra solamente di essere accecato dal pregiudizio, nel momento stesso in cui il pregiudizio è smontato non solo dai fatti ma dalla logica.
I ricoveri hanno ripreso ad aumentare, seppur in misura ancora modesta, per effetto dell’espansione della variante Delta. L’aumento dei ricoveri Covid, come mostra la drammatica esperienza vissuta, non chiama in causa solamente la vita dei pazienti che ne sono affetti, ma l’insieme delle patologie, a partire dalle più gravi. Nell’ultimo anno e mezzo negli ospedali italiani si è accumulato un enorme ritardo in fatto di diagnosi e trattamenti oncologici. Complessivamente diverse centinaia di migliaia di persone sono state private del diritto di cura, molte tra loro sono state condannate, di fatto, a morire. Tamponare il contagio per Covid con lo strumento della vaccinazione significa dunque contrastare un’emergenza sanitaria molto più grande della pandemia. Un'emergenza che ha certo radici lontane, prodotte dai tagli alla sanità, ma che il Covid e la gestione borghese della pandemia hanno tragicamente aggravato.
“Il pericolo riguarda gli anziani, teniamo fuori i giovani”, si sente dire. Si potrebbe obiettare che i più giovani, sotto i dodici anni, sono già esentati dal trattamento vaccinale, pur potendosi ammalare, talvolta in forme anche gravi (vedi Indonesia). E che le prudenze sulla vaccinazione tra il 12 e i 17 anni sono presenti a tutti, anche in ambito scientifico. Al tempo stesso occorre evitare di affrontare la questione da un'angolazione solamente individuale, come se il rapporto costi/benefici non riguardasse anche la società. I giovani sono oggi – anche perché meno vaccinati – i principali portatori del virus. Vaccinare i giovani significa ostruire la principale via del contagio, a protezione dei più anziani non ancora vaccinati. È una forma di solidarietà sociale. Il fatto che i giovani siano i più propensi alla vaccinazione, e i più estranei alle manifestazioni reazionarie, è anche per questo un fatto altamente positivo. Non è sufficiente per compiere azzardi, in presenza di dubbi scientifici fondati per quella fascia d'età che sono ancora irrisolti, ma è più che sufficiente per affrontare la questione con serietà e col metodo giusto, senza rimozioni o isterismi.
Il vero scandalo sta nel fatto che in Italia dai due ai tre milioni di persone sopra i 60 anni di età non sono ancora stati vaccinati, pur avendone in non pochi casi fatto richiesta: per la scarsità di vaccini garantiti dalle aziende farmaceutiche, per i tempi lenti del servizio pubblico, per l'assenza del personale necessario, per la regionalizzazione del sistema sanitario, per le conseguenze, insomma, di una sanità pubblica disossata.
Lo scandalo sta nel fatto che si ricorra a un generale in divisa per predisporre la protezione sanitaria della popolazione, e che il famigerato PNRR destini alla sanità l'ultima voce di spesa, per di più indirizzandola a enti e soggetti privati, gli stessi ai quali la gestione della pandemia ha già garantito crescenti spazi di mercato e di profitto.
“Il governo vuole imporre la vaccinazione del personale sanitario e scolastico per coprire la rinuncia a misure di svolta nella sanità e nella scuola pubblica”. Vero, anzi verissimo. Non si vede, del resto, come un governo Draghi, espressione del capitale finanziario, possa realizzare una qualsiasi svolta progressiva, anche solo di carattere riformistico. Al governo obbligo vaccinale o green pass interessano per una sola ragione: evitare altre misure di lockdown che possano intralciare la ripresa capitalista. Punto. La sanità può continuare com’è, con la mancanza di posti letto e attrezzature adeguate, salari miserabili, infermieri costretti a turni di dieci ore per carenza di personale, nuove assunzioni tutte precarie, per lo più interinali, assenza di una reale medicina territoriale pubblica, sistemi di tracciamento inesistenti...
La scuola può continuare com’è, con edifici fatiscenti, classi pollaio, insegnanti malpagati, precari a vita in concorrenza tra loro, alta percentuale di abbandoni.
L’importante per i governi borghesi è continuare a ingrassare scuola e sanità private, privatizzare scuola e sanità pubblica, pagare il debito pubblico alle banche. Il resto mance. Sono ragioni più che sufficienti per l’opposizione alla borghesia e al suo governo, per una programma di misure anticapitaliste che preveda un investimento massiccio nella sanità e nella scuola pubbliche, un vasto piano di assunzioni vere, la regolarizzazione immediata del personale precario, un aumento generale dei salari in entrambi i settori, l’esproprio di scuole e sanità private per l’universalismo del servizio pubblico e la sua gratuità.
Ma cosa c’entra tutto questo con il rifiuto dell’obbligo vaccinale nella sanità e nella scuola? Se il governo lo usa come schermo per nascondere la propria politica sarà una ragione in più per denunciare il governo, non per contrastare la vaccinazione. Tanto più in due settori che per ragioni diverse sono strategici al fine di combattere la pandemia, e dove la vaccinazione è strumento di protezione innanzitutto per chi ci lavora, come mostra la tragica moria di personale sanitario mandato allo sbaraglio sul fronte Covid nell’esperienza di un anno fa.
“Il governo può usare il green pass per dividere i lavoratori, discriminare, licenziare”. Vero. Un governo borghese è sempre capace di usare una misura in sé progressiva a fini antioperai. Il divieto del burka o delle mutilazioni genitali è usato in diversi paesi imperialisti come strumento di campagne xenofobe, prevalentemente islamofobe. Ma non è una buona ragione per difendere l'oppressione delle donne da parte del più reazionario integralismo religioso islamico. Si tratta dunque di non confondere cose diverse. L’idea di licenziare e/o privare di stipendio chi rifiuta la vaccinazione è ripugnante e va rigettata, come già ai tempi del rifiuto della polio. Un conto è cambiare transitoriamente la mansione del renitente (o impossibilitato) al vaccino, fino al superamento della pandemia, a protezione sua e degli altri lavoratori e del loro diritto alla salute; ciò che risponde a un principio di tutela. Un altro è la condanna alla fame e alla privazione della dignità per chi non si vaccina.
Questa è l’idea di Confindustria, che punta a nascondere la volontà di licenziare dietro nobili istanze sanitarie, anche grazie al formidabile assist che le ha offerto Maurizio Landini con l’avviso comune a favore dello sblocco. In questi giorni la volontà della fabbrica mantovana Sterilgarda di procedere arbitrariamente col licenziamento dei non vaccinati dà la misura di ciò che si agita nella pancia del padronato. Ma perché la difesa incondizionata del diritto al lavoro e al salario per tutti i lavoratori e lavoratrici contro gli interessi padronali dovrebbe implicare il rifiuto della campagna vaccinale in quanto tale, cioè di una campagna di salute pubblica a tutela innanzitutto dei salariati? Il rischio che si corre, così facendo, è quello di regalare ai padroni il consenso dei loro salariati che chiedono tutela. Magari di quelli che nel marzo del 2020 hanno scioperato per rivendicarla, e che oltretutto si sono in larga parte già vaccinati.
Opporsi al governo e ai padroni non implica affatto opporsi alla massima copertura vaccinale. Al contrario. Opporsi alla massima estensione della vaccinazione, nel momento in cui oltretutto la larga maggioranza dei lavoratori vede positivamente questa misura, rischia di regalare al governo un consenso indebito e gratuito, quello sì pericoloso per il movimento operaio.
Il piano del discorso va ribaltato, sviluppando una linea di egemonia di classe sulla domanda vaccinale e di sicurezza sanitaria, in alternativa alla gestione capitalistica della pandemia e in aperta contrapposizione ai padroni e al governo.
Chiedendo conto a padronato e governo dei ritardi scandalosi nella gestione della vaccinazione, scuola inclusa.
Rivendicando l'obbligatorietà del vaccino nella sanità e per il personale della scuola, e la massima estensione della copertura vaccinale in ogni settore.
Opponendo il no alle pretese di Confindustria di gestire la vaccinazione usandola per ristrutturazioni, licenziamenti, privazioni di stipendio per i non vaccinati, e invece rivendicando il controllo dei lavoratori sulle condizioni della sicurezza sanitaria in fabbrica.
Denunciando la miseria degli investimenti nella sanità e nell'istruzione, a fronte della montagna di miliardi destinati ai capitalisti.
Rivendicando un piano straordinario di investimenti pubblici nella sanità, nella scuola, nei trasporti, finanziato da una patrimoniale straordinaria del 10% sul 10% più ricco.
Chiedendo un piano straordinario di assunzioni a tempo indeterminato e di regolarizzazione immediata dei lavoratori precari che consenta una svolta vera nell'intensificazione delle vaccinazioni, la ricostruzione di una medicina territoriale, un capillare sistema di tracciamento, la riduzione del numero di alunni per classe e di classi per insegnanti, un sistema di trasporto pubblico che garantisca condizioni di sicurezza: tutti fattori decisivi, assieme alla vaccinazione, per il contrasto della pandemia.
Rivendicando l'esproprio senza indennizzo della sanità e della scuola private, per un sistema sanitario e scolastico interamente pubblico, universale, gratuito.
Denunciando gli accordi segreti stipulati con le multinazionali del farmaco a livello UE al solo scopo di consentire loro di vendere i vaccini al prezzo più alto sul mercato mondiale e di tutelare i propri brevetti.
Rivendicando l'esproprio senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori di tutta l'industria farmaceutica, con una campagna internazionale del movimento operaio e sindacale.
Anche sul versante della lotta alla pandemia l'esigenza dell'avanguardia è quella di salvaguardare una posizione di classe autonoma, legando le domande immediate di natura progressiva alla prospettiva rivoluzionaria di un altro potere: un governo dei lavoratori e delle lavoratrici, l'unico che può vaccinare la società dal capitale.