Internazionale
India, l'aria pulita è in vendita
19 Luglio 2020
Da novembre 2019, poco più di otto mesi, in India si può acquistare aria pulita da inalare. Per un costo di 300 rupie (circa 4 dollari) ogni quarto d’ora, il consumatore può inalare una miscela di ossigeno che, a detta degli imprenditori che hanno messo in piedi l’attività, «aiuta a purificare il corpo e a detossificarlo». Aryavir Kumar e Margarita Kuritsyna hanno dato l’avvio per quel che sarà poi conosciuta fino ad oggi come “l’ossigenoterapia”, affiancando questa tecnica alla creazione degli “Oxygen Bar”, ovvero, dei peculiari bar in cui si può inalare ossigeno (anche aromatizzato) per un tempo limitato di 15 minuti.
«Siamo abituati a respirare solo il 21% di ossigeno: respirare aria in una sessione di ossigenoterapia neutralizza le tossine ambientali e distrugge i batteri infettivi anaerobici», hanno affermato i co-fondatori degli “Oxygen Bar”. Il costo, che sembra irrisorio agli occhi di chi legge, è da rapportare al costo della vita in India: respirare aria pulita è un lusso che pochi facoltosi possono permettersi. Tutti gli altri possono respirare l’aria gratuita e inquinata.
INQUINAMENTO
La motivazione della messa in vendita dell’aria “pura” in contrasto con quella che si può respirare liberamente – o per meglio dire “gratis” - riguarda il crescente inquinamento delle città indiane e i dati eccessivamente preoccupanti a riguardo.
Tra ottobre e novembre dello scorso anno, infatti, il Governo indiano ha iniziato a limitare gli spostamenti delle automobili, a chiudere scuole e uffici per far fronte ad un sempre più crescente livello di contaminazione di tossine nell’aria.
L’autorità anti-inquinamento indiana denominata EPCA, incaricata dalla Corte Suprema, ordinò la chiusura delle scuole a Nuova Delhi «per i giorni del 13, 14 e 15 novembre [2019] poiché l’inquinamento nella città si è avvicinato al livello “emergenza”». Lavoro agile per tutti – o “smart working” che dir si voglia – e divieto di esposizione all’aperto. Un lockdown ante litteram. Le automobili che potevano ancora circolare erano state registrate in appositi schedari consegnati ai vari posti di blocco della città.
«Il calo della temperatura e della velocità del vento ha portato all’accumulo di inquinanti: tale problema è stato aggravato da una copertura nuvolosa che ha bloccato la luce solare», così affermava il Governo locale in quei giorni riportando il parere di esperti in ambito meteorologico.
LA "BOTTA" D'ARIA
I residenti della città, scriveva l’«Indian Times» in quei giorni, erano «alla disperata ricerca di una boccata d’aria fresca nel mezzo della crisi da inquinamento tossico della città». Un ricorso quasi necessario e spasmodico all’aria “pura” per fare in modo da non respirare quel che in realtà è la rappresentazione dell’aggressività del capitalismo nei confronti dell’ambiente.
Quella che sembrava essere una moda passeggera, l’inalazione d’ossigeno, ha ottenuto ancor più popolarità nei mesi: l’inquinamento non è calato, nonostante le dichiarazioni del Governo che affermavano come il periodo più critico fosse quello tra il 15 ottobre e il 15 novembre in quanto «nelle zone rurali vi è la punta massima di bruciatura di stoppie che si verificano nello Stato del Punjab e adiacenti, ovvero uno dei motivi principali dell’allarmante picco d’inquinamento a Delhi».
La situazione permane quasi immutata.
In buona sostanza, siamo di fronte al paradigma che si ripete. Quale? Quello del capitalismo che crea il problema e vende – contestualmente – la soluzione. Stavolta sotto forma di aria. L’infervorarsi per i livelli di inquinamento porterebbe, secondo la vulgata tradizionale a seguito dei pur legittimi scioperi per il clima, a pre-occuparsi dell’ambiente in maniera sana e scevra da ogni sovrastruttura: “abbiamo un solo Pianeta, occupiamoci di lui”. Il punto è che proprio il capitalismo non ha la benché minima intenzione di invertire la rotta e di frenare i propri profitti: il fine del sistema economico che ci governa è (da) sempre quello del doppio barbaro sfruttamento ai danni dell’ambiente e dell’uomo.
La vendita dell’ossigeno, che si può inalare o anche respirare da una pratica bottiglietta di latta che poi sarà gettata nell’ambiente andando a creare un nuovo problema per la popolazione, suona come l’ennesimo atto di un sistema che ha travalicato ogni confine. L’unica soluzione è la rottura con le “compatibilità” del capitalismo e la riorganizzazione della società su basi socialiste al fine di porre in essere serie risoluzioni alla crisi ambientale. Soprattutto definitive e non palliative.