Internazionale
La natura del Partito Comunista di Grecia (KKE)
Un contributo di OKDE-Spartakos
17 Dicembre 2019
Il testo che qui pubblichiamo attorno al KKE, alla sua storia e alla sua politica, è un contributo dei marxisti rivoluzionari greci dell'organizzazione OKDE-Spartakos (Organizzazione degli Internazionalisti Comunisti di Grecia-Spartaco), impegnata come il PCL nella rifondazione della Quarta Internazionale.
Non si tratta dunque di un testo critico, per quanto legittimo, di un'organizzazione estranea alla lotta di classe in Grecia, ma del contributo di un'organizzazione di giovani rivoluzionari impegnati nella direzione delle lotte studentesche, con un ruolo riconoscibile e riconosciuto, che si è battuta all'opposizione del governo Tsipras dal versante dei lavoratori e delle lavoratrici, denunciandone la subalternità alla troika e al capitale finanziario.
L'aspetto più interessante di questo testo è la critica di fondo del KKE dall'angolazione del marxismo rivoluzionario, non da quello della socialdemocrazia. È un aspetto che può sorprendere forse un settore dell'avanguardia in Italia che nutre una visione mitologica e incantata del KKE, ipnotizzato dalla sua retorica “intransigente”, ma che riporta il KKE alla sua realtà: quella di un partito riformista di sinistra, segnato da cicliche oscillazioni del proprio pendolo, e oggi caratterizzato da una politica marcatamente settaria e autocentrata nei confronti dei movimenti di massa, a beneficio purtroppo di Syriza.
Questa stagione autocentrata e settaria del KKE non è peraltro una improvvisazione nuova. È il recupero (temperato) di una visione e cultura promossi dallo stalinismo nella fase che va dal 1929 al 1933. Quella, per intenderci, in cui Stalin, con una svolta apparentemente "ultrasinistra", presentò la socialdemocrazia come sorella gemella del fascismo, rifiutando la politica leninista del fronte unico contro la reazione, e per questo corresponsabilizzandosi (assieme alla socialdemocrazia) per la disfatta storica del movimento operaio tedesco di fronte a Hitler. Tuttavia, il rifiuto del fronte unico fu il tratto più noto di quella stagione, ma non l'unico. Esso ad esempio si accompagnò a posture populiste e nazionaliste, che giunsero a teorizzare la “liberazione della nazione tedesca” dal trattato di Versailles, occhieggiando alla propaganda della destra e rimuovendo la prospettiva degli Stati uniti socialisti d'Europa, che la Terza Internazionale di Lenin e Trotsky aveva fatto propria nel 1923, proprio a ridosso dell'occupazione francese della Ruhr, contro ogni forma di sciovinismo nazionalista. Inoltre i partiti comunisti furono orientati in quella stagione su una linea settaria e autoproclamatoria nei confronti dei movimenti di massa e delle organizzazioni di massa del movimento operaio: scissioni dei sindacati e organizzazione di propri "sindacati di partito”, proclamazione di propri scioperi e manifestazioni contro la tattica leninista dell'unità di massa e della battaglia per l'egemonia alternativa nei movimenti di massa, isolazionismo verso la lotta di classe reale.
Questo corso politico, apparentemente ultrasinistro, aveva in realtà un contenuto opposto. La fraseologia roboante e scarlatta, irresistibilmente “rivoluzionaria”, mascherava una logica autoconservativa di apparato e la rottura burocratica di Stalin con Bucharin in URSS, che esigeva un rivestimento ideologico internazionale. Questo fu la teoria e la politica del “socialfascismo”, a beneficio oltretutto della socialdemocrazia europea. Peraltro non a caso questo corso politico fu rapidamente convertito nel suo esatto contrario dal 1934-'35, con la politica dei fronti popolari con la cosiddetta borghesia democratica e liberale, con tanto di ingresso nei suoi governi (Spagna): ciò che archiviava la politica bolscevica di opposizione di principio ai governi Kerenskij che aveva consentito la rivoluzione d'Ottobre e su cui fu fondata l'Internazionale Comunista.
Qualcuno dirà che tutto questo riguarda il passato e non il presente, e che noi “ce l'abbiamo con lo stalinismo” per partito preso. Ecco, il testo che qui pubblichiamo dimostra l'esatto contrario. Chi non conosce la storia è destinato a ripeterla. I bilanci mancati si vendicano su chi li rimuove.
Vale per il KKE, come i lettori potranno constatare, ma vale a maggior ragione per chi in Italia scimmiotta le posture del KKE senza averne oltretutto né la consistenza né le radici, come ad esempio Marco Rizzo. Che rifiuta ogni occasione di unità d'azione con altre organizzazioni di classe (disertando ad esempio l'assemblea nazionale unitaria delle sinistre di opposizione del 7 dicembre), rifiuta la battaglia di egemonia classista e anticapitalista nei movimenti rimpiazzandola con la loro “denuncia” ideologica, liscia il pelo alle culture della destra su immigrazione e diritti civili, scivola in direzione del sovranismo nazionalista sul tema della UE.
Non sono "le posizioni di Marco Rizzo”. Sono posizioni che hanno una radice nella storia del movimento operaio e che il leninismo ha combattuto sempre. Rizzo si limita a dar loro una confezione personalistica e spesso grottesca, nulla di più. Peraltro la biografia politica dell'uomo dimostra che quando non si hanno principi, si possono combinare con disinvoltura le posizioni più disparate, dal sostegno a D'Alema al settarismo. Esattamente come ha fatto lo stalinismo nella sua storia.
La lettura del testo che qui pubblichiamo è dunque, innanzitutto, un contributo alla riflessione. Un contributo in particolare alla riflessione dei giovani rivoluzionari, ovunque essi militino. Mossi come siamo da un'unica ambizione: unire i leninisti, quali che siano le loro provenienze e percorsi, in un unico partito comunista rivoluzionario, il loro partito.
LA NATURA DEL PARTITO COMUNISTA DI GRECIA (KKE)
Fin da quando la sua leadership è stata assunta dagli stalinisti a metà anni '20, il KKE (Kommounistiko Komma Elladas, Partito Comunista di Grecia) è stato un classico partito di tipo stalinista prima, e post-stalinista poi, che ha seguito tutte le fasi della degenerazione da Stalin a Gorbaciov. Una differenza con i partiti stalinisti di altri paesi è stata, certamente, che il KKE fu in grado di guidare un vero movimento rivoluzionario negli anni '40 (Resistenza, guerra civile), ma in ogni caso la sua leadership era allo stesso modo impegnata nella strategia dei fronti popolari, e pertanto consegnò letteralmente il potere nelle mani dei partiti borghesi greci.
La divaricazione del KKE dalla traiettoria che la maggior parte degli altri partiti stalinisti seguirono alla fine del Ventesimo secolo iniziò a seguito di una importante scissione che il partito ebbe nel 1989. A quel tempo, il KKE partecipò a due governi di collaborazione di classe (dalla vita breve): prima un governo con il partito di destra Nuova Democrazia e poi un governo composto sia da Nuova Democrazia che dai socialdemocratici (PASOK). A seguito di questa decisione, la maggioranza dei giovani abbandonò il partito per creare il NAR, Nuova Corrente di Sinistra (Neo Aristero Revma), un'organizzazione che si spostò nettamente a sinistra e che, nonostante alcuni residui programmatici centristi, oggi può essere considerata parte integrante della sinistra anticapitalista in Grecia.
Dopo questa devastante scissione, il KKE dovette correggere la sua linea per potersi radicare di nuovo nei giovani. Entrò quindi in un periodo di prolungata svolta a sinistra, perlomeno su alcuni temi. In primo luogo, fu attivamente impegnato nei movimenti degli studenti medi, a partire dal movimento del 1998. Questo impegno diede al KKE l'opportunità di ricostruire un suo settore giovanile. Ciononostante, anche durante quel periodo essi conservarono la loro linea di fronte popolare, facendo appello alla costruzione di un "fronte democratico antimperialista e antimonopolista".
A metà degli anni 2000, avendo Syriza già intrapreso la tradizionale politica di fronte popolare del KKE, ed avendo l'estrema sinistra guadagnato forza fra i giovani, il KKE fu costretto a sua volta ad una svolta a sinistra. Negli anni successivi, il KKE rigettò l'idea che la Grecia fosse un paese dipendente; riportò alla luce la figura di Aris Velouchiotis, il leader dei gruppi guerriglieri del partito all'inizio degli anni '40 ed esponente della sinistra del partito, riconoscendo che egli ebbe ragione nel criticare il partito per aver firmato l'armistizio e per aver consegnato le armi ai partiti borghesi nel febbraio del 1945 (accordi di Varkiza); e infine ammise che la decisione del partito, nel 1934, in base alla quale in Grecia fosse necessaria una rivoluzione democratico-borghese e non una rivoluzione socialista (decisione che definì la politica del KKE durante tutta la crisi rivoluzionaria degli anni '40) fu un errore – senza però mai arrivare a riconoscere che Pantelis Pouliopoulos, primo segretario del KKE e poi fondatore del trotskismo greco, ebbe ragione nella sua polemica dell'epoca contro questa decisione.
Tutto questo ebbe un certo valore in quanto queste questioni furono in grado di aprire qualche spazio di discussione nella base del KKE. È importante tuttavia sottolineare che ciò non cambiò la natura del partito, che rimaneva un partito riformista post-stalinista. Nei fatti, la politica reale del partito non cambiò. La sua svolta a sinistra va quindi considerata per lo più come uno zig zag burocratico.
Nel movimento di massa, il KKE ha sempre seguito una tattica assolutamente settaria, con le sue manifestazioni e cortei separati e con un atteggiamento estremamente ostile verso tutte le altre correnti del movimento operaio. Tuttavia, sarebbe un errore considerare "ultrasinistro" questo settarismo; esso è più che altro una politica settaria atta a difendere le posizioni del partito nel sistema politico tradizionale e consolidato. Ciò è evidente nell'esplicito legalitarismo del KKE.
Nei fatti, il KKE ha duramente rifiutato e denunciato ogni movimento sul quale non poteva avere controllo, specialmente i movimenti di carattere esplosivo. Ha vergognosamente denunciato la splendida ribellione del dicembre 2008, quando i giovani, gli immigrati e i settori più giovani della classe operaia protestarono e si rivoltarono in massa per più di tre settimane. Il KKE si oppose in maniera così netta al movimento che venne elogiato dalla stampa borghese (1) e dai politici della borghesia, incluso il più importante leader dell'estrema destra all'epoca (2).
Nel giugno 2011, il KKE denunciò il movimento degli "indignati" greci, che bloccò centinaia di piazze ad Atene e in tutta la Grecia per due mesi e provocò tre giorni di sciopero generale. Nell'ottobre del 2011, al culmine del movimento di massa contro l'austerity, il KKE fu anche coinvolto in un vergognoso episodio: durante lo sciopero generale del 19-20 ottobre difese fisicamente il Parlamento da settori di manifestanti che volevano attaccarlo. La manifestazione finì con un violento attacco dei gruppi anarchici contro il blocco del KKE, attacco che fu ugualmente inaccettabile dal momento che prese di mira la base operaia e militante di quel partito.
Nel luglio 2015 il KKE si rifiutò di schierarsi in occasione del referendum sul trattato di austerità della Grecia con il FMI e l'UE. Il KKE disse che questa sua posizione era dovuta al fatto che non avevano fiducia nel governo di Syriza, ma in realtà era per soddisfare la piccola borghesia conservatrice che temeva una possibile rottura con con l'euro nel caso di una vittoria del No. Antarsya, il fronte di cui OKDE-Spartakos fa parte, fece una campagna per un triplo No: votare No al referendum, dire No al governo di Syriza e allo stesso tempo dire No all'UE e al FMI.
È vero che il KKE rifiutò una possibile partecipazione al governo di Syriza – scelta che fu nello stesso tempo corretta e utile, perché aiutò a evitare un totale collasso morale della sinistra; tuttavia, contrariamente al suo linguaggio radicale, il KKE seguì nei confronti del governo di Syriza una politica di moratoria. Nel febbraio 2016 il KKE guidò una parte importante della mobilitazione di agricoltori che fu in grado di bloccare le autostrade, per poi abbandonare la lotta dopo solo poche settimane, in seguito a un negoziato inconcludente con il governo.
Nel contempo, il KKE fu essenziale per portare al fallimento il movimento contro la riforma delle pensioni voluta da Syriza. A differenza della sinistra rivoluzionaria, il KKE propose di aspettare che la legge venisse sottoposta al Parlamento prima di intraprendere qualsiasi azione – mentre era ben noto che la legge sarebbe arrivata in Parlamento e messa ai voti soltanto durante le vacanze di Pasqua, cioè quando non sarebbe stata possibile nessuna vera mobilitazione. Non fu una coincidenza, quindi, che la proposta del KKE venne approvata, all'interno dei sindacati, da Syriza, da Nuova Democrazia e dal Pasok.
È chiaro che, per quanto radicale possa essere la retorica del KKE, anche in periodi diversi, la sua vera attività politica si riduce a cercare di preservare lo status quo, e di aderire all'ideologia e alle paure piccolo-borghesi. Questo è ancora più chiaro quando si guarda alle posizioni del KKE sulla cosiddetta questione nazionale.
La questione macedone, ad esempio, è un problema chiave in Grecia, dal momento che mette in luce il ruolo imperialista regionale del capitalismo greco. Lo Stato greco ha provato – e in larga misura è riuscito – a prendere il controllo della vicina Repubblica di Macedonia, sia economicamente (con i capitali greci che controllano gran parte della sua economia) sia politicamente, opponendosi ad una modifica costituzionale del nome del paese (3). Questa impresa è stata accompagnata con una campagna ideologica nazionalista basata sul mito dell'"irredentismo" macedone, cioè l'intenzione (inventata) della Repubblica di Macedonia di appropriarsi della storia greca e di parte della regione geografica della Macedonia, che appartiene alla Grecia. Per noi, la lotta contro questa campagna nazionalista e per il diritto del popolo macedone all'autodeterminazione è sempre stata essenziale. Il KKE, all'opposto, pur non arrivando a unirsi ai raduni nazionalisti contro la Macedonia, adotta pienamente questa narrazione dell'"irredentismo" macedone rifiutando il diritto dei macedoni a chiamare il loro Stato come desiderano, contro la coercizione di uno Stato capitalista molto più forte del loro, cioè la Grecia.
Questa non è l'unica questione su cui il KKE riproduce posizioni che mettono la classe lavoratrice greca contro le classi lavoratrici dei paesi vicini. Il KKE, ad esempio, ha sempre mantenuto la sua posizione nazionalista in merito alle relazioni con la Turchia, il principale avversario del capitalismo greco nell'area. I leader del KKE continuano a denunciare le presunte aggressioni unilaterali della Tuchia, e accusano continuamente i governi greci di essere sottomessi allo Stato turco. Omettendo totalmente di adempiere al compito principale dei comunisti nei nostri paesi, cioè quello di dimostrare le aggressioni della "nostra" classe borghese, il KKE alimenta la propaganda nazionalista che divide il popolo greco e il popolo turco, e coltiva all'interno della classe operaia un sentimento di unità nazionalista, che serve solo agli interessi dei capitalisti.
Questa politica del mettersi in ginocchio davanti ai riflessi conservatori ha assunto forme sempre più vergognose, come il recente sostegno del KKE a uno sciopero apertamente razzista contro i campi di rifugiati nell'isola di Samos. Questa politica spiega anche molte altre posizioni di questo partito, come ad esempio il rifiuto della legalizzazione delle droghe leggere e l'opposizione alle unioni civili tra coppie dello stesso sesso.
È quindi evidente che definire il KKE un partito rivoluzionario o anticapitalista sarebbe estremamente illusorio. Nonostante i suoi zig zag a sinistra, il KKE resta infatti un partito riformista post-stalinista.
(1) Il 19 dicembre 2008, la prima pagina di Avriani (un giornale borghese) scrisse: "se la polizia non ne è capace, lasciate riportare l'ordine nel Paese al KKE".
(2) Vedi il discorso di Karantzaferis in Parlamento il 21 decembre 2008.
(3) Per maggiori dettagli: https://www.internationalviewpoint.org/spip.php?article5376 e http://internationalviewpoint.org/spip.php?article5947