Interventi
La repressione della FIOM-CGIL nell’era della confusione semiotica
25 Ottobre 2017
Quando c’è crisi, c’è reazione. La rivoluzione viene vista come un’utopia, buona per fare quattro chiacchiere davanti a un aperitivo e parlarne a tempo perso. La struttura di questa società concepita dal capitalismo ha raggiunto il massimo assopimento delle masse, un capolavoro compiuto ai danni di milioni di proletari che si trovano in balia degli eventi e non capiscono più i segni di ciò che gli sta accadendo.
Il sindacato, nato e cresciuto come arma del proletariato, oggi si è trasformato nell’arma dei padroni, che attraverso le burocrazie sindacali riescono a depotenziare le lotte, a smantellare la sanità, le pensioni e qualsiasi conquista di quei milioni di lavoratori che avevano creduto in un mondo migliore, e di chi ancora ci crede e prova a fare un minimo di opposizione. Chi si oppone a questa connivenza viene vilipeso, attaccato a livello personale e messo alla gogna, viene accusato di avere interessi personali, ovviamente con l’avallo di altri lavoratori che si vendono per un piatto di lenticchie e diventano il braccio armato di burocrati in cerca di risultati per il proprio prestigio; con buona pace di chi dovrebbero difendere.
Chi si oppone all’abbraccio mortale tra burocrazia sindacale e padronato deve aspettarsi ogni sorta di calunnia, discredito e repressione: deve essere fatto, figurativamente, fuori. Per non disturbare i manovratori.
I lavoratori oggi sono la causa del proprio stesso male, vittime sì del sistema, ma anche e soprattutto del proprio interesse personale. Sono persone stanche di essere vendute dal sindacato che hanno alzato bandiera bianca rifugiandosi nel populismo grillino, o peggio ancora nel totale disinteresse di ciò che gli accade, persone che se la prendono attivamente con il più povero, con l’immigrato, con il terrone, senza rendersi conto di rendere uno straordinario servizio a chi li sfrutta davvero.
Reazione e non rivoluzione: la mancata rivoluzione è anche colpa del proletariato.
La CGIL negli ultimi due anni ha perso 700.000 tessere (ma il sindacato ne ammette solo 110 mila), interi settori bruciati, 7000 tessere in meno solo nella Fiom di Landini. Neanche i precari e disoccupati credono più nella CGIL. Da par sua la Camusso se ne infischia altamente, perché i soldi dei mancati tesserati entrano con gli enti bilaterali.
È un po’ come il calcio: ai presidenti delle società calcistiche non interessa più che la gente vada o meno allo stadio, a loro interessa che guardino il calcio in tv; le televisioni fanno guadagnare il triplo dei soldi rispetto ai tifosi.
Allo stesso modo alla CGIL non importa di perdere consenso tra i lavoratori, non interessa il loro livello di combattività, anzi spesso li incoraggia a stare a casa, a non lottare, tanto siedono loro ai tavoli con il padrone a firmare accordi al ribasso.
Dalla CGIL provengono vari personaggetti come Bertinotti, Cofferati, Epifani, Damiani, per esempio, tutti diventati poi politici a tempo pieno con la fantomatica sinistra combattiva. Questi burocrati hanno creato un legame talmente solido con il potere e il padronato che gli è ovviamente impossibile fare opposizione.
E così noi lavoratori ci siamo dovuti subire la legge Fornero, il Jobs Act e una serie infinita di nefandezze senza che la CGIL alzasse un dito.
Oggi in CGIL troviamo tesserati della Lega Nord e fascisti dichiarati, si sciopera a Genova per i migranti insieme alla CISL che poi li attacca. Ci sarebbe da ridere se non fosse che quelli a essere venduti siamo noi lavoratori.
Ormai la CGIL è l’ombra di se stessa, non difende più nessuno se non i propri privilegi, partorendo giovani rampanti in cerca di carriera, burocratini sempliciotti che non hanno mai visto uno stabilimento o un centro di produzione eppure parlano di lavoro, offendono i lavoratori, epurano quei lavoratori combattivi scegliendosi i lacchè e ingraziandoseli con piccoli privilegi.
La CGIL ha raggiunto il picco del proprio degrado, una prostituzione inaccettabile per chi deve lavorare più di 40 anni per far fare carriera a questi traditori della classe operaia.
Ormai nessuno più crede nei sindacati e al pari di CISL, UIL e UGL la CGIL è un sindacato incapace di difendere i lavoratori. Occorre che la classe operaia prenda coscienza della propria forza, combatta le burocrazie sindacali conniventi e si riprenda di forza tutto ciò che le è stato tolto dalle riforme filopadronali passate sotto il silenzio della CGIL.