Interventi
Internet, anticapitalismo e rivolte arabe
La “primavera araba” ha sconvolto gli equilibri geopolitici, fornendo nel contempo una nuova forma di mobilitazione unitaria grazie alla potenza della Rete
20 Luglio 2011
Una breve panoramica su ciò che il capitalismo in crisi crea dal punto di vista dei rapporti di classe: il rifiuto della politica "classica" da parte delle nuove masse proletarie, in particolare dei territori arabi, e alcune osservazioni su come rilanciare una visione anticapitalista della società attraverso antichi e nuovi strumenti di mobilitazione e lotta: dai partiti a Internet.
Ingenuamente, nell'immaginario collettivo delle popolazioni mondiali, il nuovo millennio sarebbe dovuto essere il momento massimo di sviluppo, miglioramento e consolidamento della civiltà umana. La tecnologia (soprattutto quella informatica), tanto amata dalla gente comune quanto odiata dal potere, avrebbe dovuto rappresentare la via alternativa a tutti i mali dell'uomo, in quanto espressione di una rinnovata volontà di cambiamento della vita sociale; come dar torto a tutti coloro che hanno visto in ciò un aspetto positivo? Sicuramente con il senno del poi le cose non sono andate in tale maniera, ma è comunque innegabile che ogni aspetto della società sia cambiato radicalmente negli ultimi trent'anni proprio a causa dell'inserimento nei meccanismi della vita quotidiana di codeste novità.
Questo brevissimo preambolo, che a prima vista potrebbe essere considerato fuori tema rispetto al titolo generale, è necessario per sviluppare un discorso organico su ciò che interessa trattare in questo testo; un esempio a riprova di tale bisogno proviene dalla cosiddetta “Primavera araba”, dove milioni di persone (in gran parte giovani) lottano contro i regimi dittatoriali che attanagliano i propri Paesi con l'obiettivo di garantirsi un futuro di pace, democrazia e libertà (“comunità internazionale” permettendo). La grandezza di queste proteste, che vanno dall'Egitto alla Siria passando per la Tunisia e lo Yemen, va ricercata in due aspetti principali:
1) la ritrovata volontà di lottare contro il tiranno, non piegandosi alla rassegnazione di un futuro di povertà estrema;
2) la nuova forma di organizzazione spontanea della lotta.
Il primo punto non è meno importante del secondo, visto che da troppo tempo ormai la lotta collettiva era caduta in un sonno profondo grazie all'anestesia totale che il capitalismo globalizzato aveva praticato; dunque, la nuova linfa vitale che arriva dalle nuove generazioni arabe è un punto a favore di tutti coloro che continuavano a credere nell'impossibilità di un capitalismo definitivamente vittorioso sul piano della volontà di contestazione da parte delle masse popolari.
Nonostante ciò, comunque, bisogna porre l'attenzione su come queste proteste si sono sviluppate ed hanno catturato un così ampio consenso e partecipazione. Fondamentale il ruolo di Internet, strumento di massa, capace di fornire la possibilità di comunicare a distanze proibitive e di favorire un tipo di aggregazione alternativa ai classici modelli di socializzazione. Non tutto è oro che luccica, ma nella questione politica la Rete sta acquisendo sempre più rilevanza: la Tunisia annovera il primato nella classifica delle “rivoluzioni virtuali”, in quanto l'immensa lotta popolare contro il regime filo-francese di Ben Alì è nato grazie a Facebook e a Twitter, due dei più importanti social network mondiali. Il movimento è così cresciuto in poche ore, attirando sempre più sostenitori da tutto il Mondo e mobilitando nelle piazze tunisine tutti coloro che volevano esprimere il proprio dissenso nei confronti del tiranno; per questo abbiamo assistito a piazze piene di giovani delle nuove generazioni, inesperte in fatto di battaglia politica, e di generazioni precedenti, composte da reduci della lotta tradizionale, ma uniti per una rivendicazione comune. L'unità, fattore indispensabile per qualsiasi movimento, purtroppo ancora poco considerato ai fini di una effettiva vittoria di queste nuove ondate di protesta.
Però, la Tunisia è stata forse lo spartiacque di un nuovo concetto di “unità”; l'eco della “vittoria” contro Ben Alì è arrivato anche in Egitto, dove sempre Fb e Twitter hanno permesso di riempire Piazza Taharir con due milioni di persone e favorendo la “cacciata” di Mubarak (strategie geopolitiche Usa a parte). A sua volta, questo “trionfo” della lotta popolare ha riecheggiato in Baharain, Yemen, Giordania, Siria, Iraq.
Il compattamento di un blocco sociale, ormai, è giunto, ma esso mantiene attualmente ancora caratteristiche di lotta con un orizzonte nazionale.
Dunque, eccoci di fronte al secondo punto sopra indicato e relativo alla forma di organizzazione della protesta; l'internazionalismo di queste rivendicazioni per i diritti civili e politici è nuovamente all'ordine del giorno, non solo attraverso le analisi puramente “marxiste”, ma finalmente anche nell'intraprendenza per vedere questi obiettivi realizzati prescindendo dall'ideologia politica (proveremo a ragionare su questo punto). E' fuor di dubbio, però, che l'aggregazione giovanile abbia avuto un ruolo di prima fascia in questi movimenti; il problema del futuro ha risvegliato un malcontento mai completamente sopito e che sta riesplodendo violentemente.
Abbiamo accennato all'unità delle lotte, ma cerchiamo di comprendere come si può proseguire per le future battaglie sociali; partiamo dal fatto che il malessere sociale è tornato a farsi sentire principalmente in Africa ed Asia mediorientale, territori (soprattutto il primo) da sempre terra di conquista per i colonizzatori occidentali e, in ultima battuta, della Cina seppur con diverse modalità di radicamento.
Non per questo bisogna escludere l'eventualità di manifestazioni popolari in occidente, in quanto vi sono focolai importanti, ma il vento di protesta soffia ancora troppo debolmente.
Come coniugare i movimenti arabi? Con quale programma? Per quali obiettivi? Domande consuete nella logica di una lotta rivoluzionaria, a cui è sempre difficile rispondere; e qui entra in gioco la potenza di Internet con tutti i suoi mezzi di socializzazione.
Le nuove generazioni, coloro che il capitalismo del futuro vuole utilizzare come il nuovo serbatoio da cui attingere energia a costo zero per produrre il proprio sostentamento, hanno da sempre dichiarato di essere al di fuori di ogni logica partitica ed ideologica puntando sull'autonomia dei movimenti di protesta. L'accusa, il fatto che la politica sia ormai uno strumento in mano a personaggi il cui unico scopo è quello di difendere i propri interessi; inutile stare a questionare se ciò è giusto o meno, limitiamoci a prendere atto che la realtà è questa. Constatiamo un unico elemento, ovvero la globalità di questo pensiero; è, infatti, comune a (quasi) tutti i giovani del pianeta il ragionamento di cui sopra. Quindi, da questo bisogna trarre insegnamento e porsi a riflettere su come continuare; la spontaneità è forse l'unico fattore certo di una qualsiasi battaglia sociale, in quanto un elemento negativo (se ciò viene considerato tale, ovviamente) di notevole importanza porta all'unione di una quantità rilevante di individui finalizzata al voler modificare quella determinata situazione. Questo punto è fondamentale, ma fatica spesso a sfociare in qualcosa di più sostanzioso ed imponente. Perché? Altro quesito interessante a cui, però, vi si potrebbe rispondere in modo più scontato in quanto qui la Storia entra prepotentemente in gioco; il concetto di partito politico ha contrassegnato indelebilmente gli ultimi due secoli, unificando lotte popolari e rivendicazioni borghesi, coniugando gli interessi del proletariato e del potere capitalista di ogni Paese. I partiti di massa ci interessano in questo passaggio, visto che siamo in una situazione socio-politica che vede la scomparsa di essi dalla scena di una effettiva unificazione popolare; la tragica sconfitta del movimento operaio novecentesco, attraversato dai desideri prima socialdemocratici, poi socialisti, comunisti, nazionalisti e per finire secessionisti ha portato all'abbandono di essi da parte di coloro che faranno parte della nuova classe di sfruttati, i giovani. Anche in questo caso inutile stare a polemizzare su ciò che è stato, ma è utile prendere possesso di un elemento caratterizzante il processo politico di massa; la galassia infinita di partiti con ispirazione di unità popolare, in Magreb come in Europa ed Asia, si è rinchiusa in una sorta di limbo in attesa di non si sa bene quale sconvolgente evento capace da farli tornare in auge. L'Egitto, ad esempio, ha visto dopo la “rivoluzione” la nascita di innumerevoli partiti politici socialisti, democratici, liberal-popolari nonché la riproposizione del Partito Comunista Egiziano (il più grande a sinistra, ma microscopico rispetto ai reali bisogni). Ciò conferma l'aspetto sopra citato, visto che queste organizzazioni sono solo una goccia in mezzo all'oceano di giovani e non che avevano lottato per i propri diritti; la spontaneità torna violentemente in scena, in quanto è innegabile che lo spirito di cambiamento della popolazione egiziana ha permesso la nascita di questi movimenti politici organizzati, ma purtroppo anche la presunzione di voler guidare forzatamente una determinata lotta è presente più che mai; la volontà di rigenerare una coscienza unitaria su obiettivi comuni non fa breccia nel cuore dei militanti dei sopracitati partiti, visto che essi pretendono l'inserimento nelle proprie fila dei protagonisti della rivolta anti-Mubarak. La risposta è stata negativa. In Egitto come in Tunisia, Giordania e Siria.
Qui arriviamo al nodo: come intrecciare, in primo luogo, lo spontaneismo giovanile e la burocrazia partitica? Sarebbe utile, forse, considerare elementi oggettivi e strettamente attuali; Internet ha probabilmente chiuso le porte ad un possibile ritorno di scenari che vedano la formazione di partiti seguendo eventi simili a quelli conosciuti da fine Ottocento a circa metà anni Ottanta del Novecento, dunque l'impantanamento in cui versano i movimenti organizzati è riconducibile a questo aspetto. Inoltre, la maggioranza dei giovani non ha un'eredità culturale politica sufficiente per poter, magari, accettare di osservare con meno sdegno questi partiti come modelli di unione per obiettivi comuni, in quanto logica vuole che se le generazioni precedenti guardano ancora a processi di aggregazione politica tradizionali è ovvio che la loro sconfitta storica non può entusiasmare la mente dei nuovi “proletari”. Per questo, allora, porre attenzione in modo significativo sulla possibilità di ripensare un modello di unità è necessario, ma per farlo bisognerebbe accantonare pregiudizi su entrambe le forme di compattamento popolare;sicuramente una bella gatta da pelare.
Il rovescio della medaglia vi è comunque; si ritiene da più parti, infatti, Internet come lo strumento della nuova mobilitazione. Senza ombra di dubbio è così, come già detto, ma non si tiene conto che esso potrebbe essere un'arma a doppio taglio; il rifiuto non tanto della forma partitica, quanto di quella ideologica è qui molto importante. I giovani ritengono sempre più fondamentale la Rete per mobilitarsi (manifestazioni di piazza, presidi, addirittura creazione di comitati o collettivi), cadendo inconsapevolmente in una sorta di dipendenza vitale dalla “lotta virtuale” senza via d'uscita. Il tentativo di limitare l'accesso ad Internet, rendendolo usufruibile a pagamento o controllandone l'utilizzo, punta a distruggere il neonato movimento virtuale facendo ripiombare nell'anonimato masse di milioni di persone che stanno facendo di Internet un mezzo di potente risonanza. Sarebbe, infatti, letale un simile scenario ai fini delle battaglie sociali in quanto scomparirebbe l'unico strumento che coadiuva a livello internazionale obiettivi comuni. Ricordare che lo stesso Internet è componente di una serie di concessioni che il boom economico ha permesso, unito all'interessato placet del potere mondiale, sarebbe forse utile per riconsiderare un minimo di concezione ideologica ben definita. Non tanto per riprendere vecchie concezioni, ma riattualizzare modelli di società alternativi a quella attuale affermando una nuova mentalità umana che possa finalmente dire addio a processi di sopravvivenza quali quelli che il sistema capitalista propina ormai da secoli; tutto questo, però, non è possibile portarlo avanti scartando a priori i principi su cui grandi movimenti culturali si sono sviluppati (filosofia marxista e attuazione leninista hanno permesso al comunismo di essere il più grande sconvolgimento fino ad oggi esistito nella concezione della vita e della società umana). Il problema è che non si riesce a rielaborare la realtà inserendo determinati concetti ai fini di una nuova battaglia sociale compatta.
Dunque, a cosa ci si aggrapperebbe se si dovesse dire forzatamente addio alla Rete senza avere un'alternativa valida? Ci sono molte probabilità che di appigli saldi ve ne sarebbero molto pochi.
Tralasciando le eventuali apocalissi future bisogna, comunque, tener presente che il sistema socio-economico vigente non potrà più riproporre sequenze di benessere e di crisi come in passato, ma potrebbe tornare più aggressivo e spietato che mai. Qui sta il bisogno reale di formulare un procedimento che porti allo sviluppo di un movimento internazionale unico, che possa partire su basi solide e comuni (rivendicazione di diritti primari quali acqua, casa, sanità, occupazione, ambiente ed istruzione) superando le barriere dei confini nazionali e unificando tutte le lotte. L'internazionalismo sta proprio qui; Internet è una potenziale arma di ribellione mondiale perchè, se difesa strenuamente, favorirebbe il flusso dei popoli abbandonando mere divisioni, in barba al potere di Chiesa e governi nazionali ribaltando nuovamente i falsi equilibri tra le classi sociali.
Ovviamente, allo stato di cose attuale, è praticamente (quasi) una chimera, ma qualcosa sta cambiando; non è detto che ciò sfocerà in modo positivo, però le grandi mobilitazioni popolari arabe e non solo (vedi “Indignados” spagnoli, crisi greca) stanno dando un carattere mondiale agli obiettivi di tali manifestazioni (democrazia e diritti), seppur essi siano solo un piccola conquista rispetto ai mali che andrebbero realmente eliminati.