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Genova. La vita e il profitto
Di cosa ci parla il crollo del ponte
15 Agosto 2018
Il crollo del ponte di Genova non è un disgraziato incidente. L'unica cattiva sorte è quella che riguarda ogni vittima di questa tragedia. Il crollo di Genova è la cartina di tornasole del degrado generale delle opere pubbliche in Italia (e non solo) ad affidamento privato. È uno dei riflessi della società capitalista, dove domina il profitto, non la vita.
Ventisette concessionari, con in testa Autostrade per l'Italia (Aspi), gestiscono la rete autostradale. La grande famiglia dei Benetton, attraverso il controllo di Atlantia, ha il controllo di Aspi. I suoi profitti sono saliti verticalmente in questi anni, anche grazie all'aumento dei pedaggi: nel solo 2017 un utile di 2,4 miliardi su un ricavo complessivo di 3,9 miliardi. Un tasso di profitto superiore al 50%! In compenso, nello stesso arco di tempo, gli investimenti di Aspi in Italia sono crollati (da 718 milioni a 556 milioni), e migliaia di posti di lavoro (casellanti) sono stati distrutti. Però il gruppo Atlantia ha fatto affari in giro per il mondo: con gli stessi soldi risparmiati sulla manutenzione e accumulati coi pedaggi ha comprato l'aeroporto di Nizza, la società di controllo delle autostrade spagnole (Abertis), parte del gruppo societario che gestisce l'Eurotunnel. Ottimi affari privati, concessi dai poteri pubblici.
Concessi. Lo Stato potrebbe ricavare dalla gestione pubblica delle autostrade importanti risorse da investire ad esempio in manutenzione; invece ha privatizzato la rete autostradale vent'anni fa per offrire ai privati una ricca torta. Il centrosinistra di governo fu regista dell'operazione; la famiglia Benetton era ed è non a caso tra i suoi tradizionali supporter.
Ma non solo. Lo Stato ha assicurato ai Benetton e a tutti i concessionari privati accordi segreti, cioè accordi sottratti all'opinione pubblica e al suo controllo, senza che nessuno muovesse scandalo. Ha rinunciato a gestire in proprio l'intera attività di monitoraggio sulla tenuta della rete autostradale, affidandola in toto ai privati, che l'hanno pretesa come parte integrante della concessione. Infatti né gli enti locali né lo Stato intervengono in questo campo con propri tecnici e specialisti, gli unici tecnici sono quelli pagati da Autostrade per l'Italia. Dunque lo Stato ha messo la vita nelle mani del profitto in termini strettamente tecnici, non solo economici. Il crollo di Genova ci parla anche di questo.
Dopo la tragedia, l'intera stampa nazionale si straccia come sempre le vesti. Corriere, Repubblica, La Stampa, persino Il Sole 24 ore, tutti i campioni delle privatizzazioni nel nome del libero mercato e del progresso piangono lacrime di coccodrillo. “Tutti sapevano” (Corriere), “Stato di degrado delle nostre opere pubbliche” (La Repubblica), “Urgente piano di monitoraggio nazionale” (Il Sole). Ma dove stavano tutti questi soloni del pubblico interesse quando i governi da loro sostenuti affidavano ai Benetton le autostrade? Dalla parte dei Benetton, naturalmente, come di tutti i grandi azionisti. Se oggi recitano commozione e sdegno è solo perché devono vendere copie, in concorrenza tra loro, sul mercato dell'informazione. Perché anche l'informazione, come tutto, è mercato nella società borghese.
Non meno ipocriti sono i vertici del nuovo governo giallo-verde.
Salvini, Toninelli, Conte hanno fatto a gara nel promettere la punizione dei colpevoli, la revoca delle concessioni ad Autostrade, «un grande piano di monitoraggio e manutenzione dell'intero patrimonio pubblico nazionale» (Toninelli). Bene, bravi, bis. Lo stesso M5S che nel 2013 difendeva le rassicurazioni della società Autostrade sul fatto che “il ponte Morandi durerà altri cento anni” ora revoca la concessione ad Autostrade perché inaffidabile? Possibile. Tutto e il contrario di tutto pur di incassare voti, questa è da sempre la cifra del grillismo. A proposito di inaffidabilità.
Ma per il “grande piano” di Toninelli? Per un grande piano come quello promesso occorrono diverse centinaia di miliardi. Li possono trovare quelli che si impegnano a concedere alle grandi ricchezze il più grande regalo fiscale del dopoguerra, cioè flat tax più condono?
Di più. Nello stesso giorno in cui l'ex carabiniere Toninelli proclama il suo piano a reti unificate, il sottosegretario a Palazzo Chigi Stefano Buffagni, grande emergente del M5S, promette solennemente, sul quotidiano di Confindustria, che “l'Italia non tradirà i creditori”. «Questo governo non ha alcuna intenzione di disattendere gli impegni presi coi creditori del Paese», dichiara Buffagni (Il Sole 24 ore, 15 agosto). Inoltre rivendica come medaglia nazionale l'avanzo primario migliore d'Europa. Ma l'avanzo primario migliore d'Europa è solo la misura dei risparmi pubblici (manutenzione inclusa) al netto del pagamento degli interessi sul debito. E gli impegni presi coi creditori sono l'impegno a continuare a pagare alle banche il debito pubblico con tanto di interessi (70-80 miliardi annui, oltretutto in crescita) e la riduzione progressiva del debito attraverso il suo pagamento. Come? Anche con «nuove privatizzazioni», assicura l'ultima nota congiunta fra Tria, Di Maio e Salvini, per rassicurare i mercati.
Sarebbe questo il governo del cambiamento? Da un lato promette la revoca della concessione ai Benetton - con l'occhio al pallottoliere elettorale, dall'altro assicura nuove privatizzazioni per pagare il debito alle banche e detassare i profitti?
La verità è che tutti i governi borghesi, giallo-verde incluso, amministrano le regole del gioco dettate dal profitto; e le regole del profitto sono quelle che producono il crollo di opere pubbliche, che trasformano i terremoti in ecatombi, che causano il dissesto idrogeologico di gran parte del territorio.
Per realizzare una svolta vera occorre rovesciare la dittatura del profitto.
Recuperare il controllo pubblico sulle opere sociali, sulla viabilità, sui mezzi di trasporto. Revocare tutte le concessioni ai privati (non solo ai Benetton) in fatto di autostrade e strade. Nazionalizzare la grande industria edilizia e del cemento, senza indennizzo e sotto il controllo dei lavoratori, a garanzia della sicurezza pubblica. Investire un grande volume di risorse pubbliche per monitoraggio, manutenzione, ricostruzione di buona parte della rete autostradale e non, ricavando tali risorse nell'unico modo possibile: abolendo il debito pubblico verso le banche, e dunque nazionalizzandole sotto controllo sociale; e imponendo una tassazione progressiva sui grandi patrimoni, profitti, rendite, che hanno lucrato per decenni sullo sfruttamento dei salariati e sul saccheggio del territorio.
È un programma esattamente opposto a quello di Salvini e Di Maio, come a quello di tutti i governi precedenti. È un programma che solo un governo dei lavoratori, basato sulla loro forza e sulla loro organizzazione, potrà realizzare.
Fuori da questa prospettiva, c'è spazio solo per l'inganno. E per i morti.