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LA “LUNA” E IL “DITO”. PAOLO FERRERO PROVA A REPLICARE, MA PEGGIORA LA SITUAZIONE.

27 Dicembre 2009

Paolo Ferrero ha deciso di rispondere, con un editoriale di prima
pagina su Liberazione (23/12), alla vasta reazione critica suscitata
dalle sue interviste a Il Manifesto e a Repubblica. E’ comprensibile.
Ma disgraziatamente la sua lunga risposta conferma, e perciò stesso
aggrava, la misura delle divergenze. Su tutta la linea.

Tre sono gli argomenti “difensivi “ che Ferrero porta. 1) Il fronte
“democratico” con PRC e UDC è solo elettorale, e non riguarda il
governo. 2) Nelle elezioni regionali l’accordo di governo può essere
ricercato “su contenuti programmatici chiari”.3) Il fronte democratico
con PD e UDC non va confuso col fronte sociale, dove la federazione
interverrà con una campagna referendaria che “ avrà al centro
l’abrogazione della legge 30”. Infine l’appello accorato a “discutere
della luna e non del dito”.

Proprio perché facciamo interamente nostro quest’ultimo appello,
andiamo subito alla sostanza.


L’ACCORDO “ ELETTORALE” CON PD E UDC RIGUARDEREBBE NECESSARIAMENTE IL GOVERNO.

Un fronte elettorale con Bersani e Casini riguarderebbe
necessariamente il governo. Persino a prescindere dall’eventuale
volontà di Ferrero, è del tutto evidente che Bersani e Casini non
potrebbero indicare una soluzione di governo che veda una parte del
fronte elettorale all’opposizione, senza esporsi al ridicolo. Peraltro
l’attuale legge elettorale ( quella in vigore in caso di elezioni
anticipate) comporta l’obbligo per una coalizione di configurare
un’alleanza di governo, con tanto di indicazione del candidato
premier: potrebbe Ferrero siglare un accordo elettorale di coalizione
attorno alla candidatura a premier di Casini o D’Alema, dicendo al
contempo che il governo non lo riguarda? E soprattutto potrebbero
Casini o D’Alema accettare un simile pasticcio? E che così stiano le
cose lo rivela implicitamente lo stesso Ferrero quando continua a
rimuovere la questione della collocazione politica della Federazione
verso l’eventuale governo Casini-D’Alema. Il “non ingresso” nel
governo, infatti, non chiarisce affatto il nodo politico vero per le
sinistre: appoggio esterno o opposizione? E’ la questione decisiva che
Ferrero nasconde. Perché la nasconde? Perché se dicesse” opposizione”
salterebbe immediatamente tutto il castello di quell’”accordo
elettorale” con Bersani e Casini cui punta ostinatamente; e se dicesse
“ appoggio esterno”, in omaggio alla verità, gli si rivolterebbe
contro il partito. Peraltro lo stesso Ferrero ha ripetutamente fatto
riferimento al programma minimo “ democratico” di un “governo di
garanzia” ( su legge elettorale, conflitto di interesse, equilibri
istituzionali) ben al di là di un semplice accordo elettorale per
battere Berlusconi: ciò che implica esattamente una soluzione
d’appoggio al governo. Ma c’è di più : la stessa formula del CLN, che
Ferrero ha fatto sua, richiama storicamente un’alleanza di governo,
non un semplice accordo elettorale. Non è un caso che nell’editoriale
che voleva essere rassicurante Ferrero dichiari: “ Non ci piace la
UDC, come immagino ai partigiani non piacessero particolarmente i
monarchici con cui pure si allearono in funzione antifascista”. Il
piccolo dettaglio è che l’alleanza di fronte popolare voluta da
Togliatti coi partiti borghesi , liberali, e persino monarchici contro
il fascismo ( con la “svolta di Salerno” e la benedizione di Stalin)
non si limitò affatto ad una convergenza militare contro il nemico
comune, ma subordinò il movimento partigiano alle forze borghesi, al
successivo governo di unità nazionale, al suo programma di
ricostruzione del capitalismo italiano e dello Stato borghese: con la
sconfitta non solo delle aspirazioni sociali della classe operaia, ma
anche di tanta parte delle sue aspirazioni democratiche ( amnistia per
i fascisti del ministro Togliatti, difesa del Concordato con la
Chiesa..). L’argomento di Ferrero non poteva dunque essere più
infelice, e al tempo stesso rivelatore. Il riferimento al CLN che
Ferrero rivendica- e Diliberto osanna- richiama non l’accordo
elettorale, ma la compromissione governativa, diretta o indiretta che
sia, con la borghesia italiana.

LE ALLEANZE REGIONALI CON PD (E UDC) SU.. “ CONTENUTI CHIARI E CONDIVISI”.

L’editoriale di Ferrero sfiora appena il terreno delle alleanze
regionali, forse per paura di scottarsi le dita, ma lo fa con parole
illuminanti. A differenza che sul piano nazionale, afferma Ferrero,
gli accordi regionali di governo sono possibili e “ possono essere
ricercati sulla base di contenuti programmatici chiari e condivisi”.
Bene. Siccome Prc e Pdci siedono da molti anni nelle giunte regionali
di mezza Italia, e siccome stanno ovunque confermando le coalizioni
d’appartenenza ( talvolta allargandole alla UDC), si deve dedurre che
tutte le porcherie compiute dalle giunte Bassolino ( Campania), Loiero
( Calabria), Burlando( Liguria), Spacca ( Marche), Martini (Toscana),
Lorenzetti ( Umbria), ( in fatto di politiche sanitarie, speculazioni
affaristiche, danni ambientali, sostegno ai padroni, soldi a scuole
private e cliniche private, sfruttamento di precari..) appartengono..
“ ai contenuti programmatici chiari e condivisi” richiesti da Ferrero.
La verità è che i famosi “ contenuti”sono l’ultimo dei problemi delle
alleanze locali di governo: che rispondono invece in primo luogo alla
domanda di assessorati e di un maggior numero di consiglieri ( con
relativi vantaggi di cassa); e in secondo luogo alla ricerca di una
relazione territoriale con Pd e Udc che possa pesare un domani sul
negoziato nazionale con tali partiti. Ciò spiega quello che altrimenti
sarebbe inspiegabile: l’assoluta impermeabilità di questa politica
alle lezioni dell’esperienza concreta delle politiche di governo. Così
come spiega la clamorosa caduta di quella “pregiudiziale” verso la UDC
che Ferrero aveva formalmente esibito contro Vendola quando si
trattava di ottenere i voti congressuali nel nome della “svolta a
sinistra”. Su tutto fa premio il cinismo della politica borghese. La
caduta della pregiudiziale verso la UDC sul piano locale, non serve
solo a difendere assessorati o a sperare di guadagnarne, ma anche ad
aprire la via di un possibile CLN nazionale; così come l’apertura ad
un governo Casini sul piano nazionale serve a sbloccare la via degli
accordi locali con PD e UDC, con relativi benefici assessorili.

LA TEORIA DELLA SEPARAZIONE TRA QUESTIONE DEMOCRATICA E SOCIALE, E
IL BLOCCO “DEMOCRATICO” COI PARTITI BORGHESI LIBERALI

La teoria improvvisata di Ferrero – nel suo editoriale- circa la
separazione tra questione democratica e questione sociale, non solo
non supporta l’indipendenza di classe della Federazione, ma serve a
coprire la sua subordinazione alla borghesia liberale. Vediamo come.
Dichiara Ferrero : “ Questione democratica e questione sociale oggi
non coincidono, perché non esiste in Italia un fronte riformatore che
possa essere protagonista coerente della lotta sui due fronti. La
nostra capacità politica risiede nell’ottenere il massimo possibile su
entrambi i piani agendoli distintamente e a partire dal massimo di
autonomia politica della Federazione della sinistra”. Di conseguenza,
da un lato si fa il CLN con Casini e D’Alema ( piano democratico), e
dall’altro si fa il referendum contro la legge 30 ( piano sociale).
Questa intera impostazione capovolge l’abc del marxismo . E
soprattutto serve a giustificare, sul piano teorico, una concreta
politica subalterna. La teoria dei blocchi “democratici” con la
borghesia liberale- propria di tutta la tradizione storica del
riformismo, socialdemocratica e staliniana- si è sempre rivelata
disastrosa non solo per i lavoratori, ma spesso per le stesse ragioni
della battaglia democratica. La borghesia liberale è incapace di una
coerente battaglia democratica. Lo è persino nei paesi arretrati e
dipendenti. A maggior ragione lo è nei paesi imperialisti. Peraltro
tutta la lunga storia italiana, dal Risorgimento ad oggi, ha
confermato nel modo più inconfutabile l’incoerenza democratica della
borghesia liberale tricolore ( compromissione con la monarchia e il
baronato feudale, compromissione col Fascismo e col Vaticano,
collusione con la mafia e lo stragismo, leggi antisciopero, leggi
antimigranti, varo della “seconda” Repubblica..). La ricerca oggi di
un “patto” con Berlusconi da parte di PD e UDC è solo l’ultimo
capitolo di questa lunga storia. In questo quadro non è un caso che
tutti i compromessi delle sinistre con la borghesia liberale italiana
si siano risolti non solo nel tradimento dei lavoratori, ma
nell’arretramento democratico ( dalla legislazione d’”emergenza” del
compromesso storico con la DC nella prima Repubblica, sino alle
revisioni costituzionali e alle guerre della seconda Repubblica). Né è
un caso che, qui e ora, una coerente battaglia “democratica” sia
incompatibile con l’alleanza politica con PD e UDC, su tutti i terreni
decisivi: indipendenza dal Vaticano, piena uguaglianza dei diritti
civili, ritiro dalle missioni di guerra, cancellazione della
legislazione reazionaria antimigranti, ritorno ad una vera legge
elettorale proporzionale. Non uno di questi punti puramente
“democratici” potrebbe essere raccolto da quel CLN che Casini e
Ferrero rivendicano. Qual è dunque “il massimo possibile”, sul piano
democratico, che Ferrero ricerca da quel patto? In buona sostanza un
sistema elettorale “tedesco”, cioè un sistema proporzionale basato su
una soglia di sbarramento del 5%. Meglio dell’attuale”porcata” del
maggioritario? E’ indubbio. Ma lasciamo in pace la “democrazia”: ogni
soglia di sbarramento è di per sé la negazione del più elementare
principio democratico ( uguaglianza dei voti, principio della
rappresentanza proporzionale); e nel concreto costituisce una
minaccia, in altra forma, al diritto di rappresentanza istituzionale
delle sinistre. Fu istituito in Germania nel dopoguerra per tener
fuori “ i comunisti” dal parlamento. Ed oggi difficilmente lo
sbarramento del 5% garantirebbe il Parlamento a Ferrero, Diliberto e
Salvi. Peraltro l’ipotesi di un sistema elettorale tedesco è già fatta
propria da Casini e D’Alema, senza aspettare Ferrero, in funzione dei
propri giochi politici di ricostruzione di una rappresentanza politica
centrale della borghesia. A cosa si riduce dunque la “ missione
democratica” del CLN che Ferrero ricerca? Alla speranza di Ferrero di
poter negoziare la soglia di sbarramento del sistema elettorale
tedesco, in modo da renderla compatibile col ritorno di PRC e PDCI in
Parlamento. E’ in cambio di questo dunque che la Federazione della
sinistra è disposta al blocco elettorale con D’Alema e Casini e al
sostegno esterno al loro governo.. confindustriale e di guerra? Sì.
Oltre naturalmente alle immediate contropartite, già citate, in fatto
di assessori regionali nelle giunte di centrosinistra. E
all’irresistibile speranza di tornare nella “Grande” politica “che
conta”.

UNA PROPOSTA OPERAIA “COMPATIBILE” CON IL BLOCCO COI LIBERALI.

Ma Ferrero qui inalbera il vessillo della questione sociale, l’altro
“piano” della battaglia, per rivendicare la propria autonomia dal
liberalismo. E qual è il “massimo possibile”, per usare le sue parole,
che su questo terreno Ferrero propone? La raccolta delle firme per un
referendum abrogativo della legge 30. Naturalmente ben venga anche la
raccolta firme per il referendum ( per il quale il PCL è totalmente
disponibile): tanto più se abrogativo di una legge infame che il
governo di centrosinistra e il ministro Ferrero hanno riconfermato
appena due anni fa con il famigerato accordo sul Welfare. Ma davvero
si pensa che la proposta di una raccolta firme per un futuro
referendum possa rappresentare la risposta centrale al più grave
attacco sociale cui i lavoratori sono sottoposti da generazioni, nel
quadro della più profonda crisi capitalistica degli ultimi 80 anni?
Davvero si ritiene che possa indicare una via d’uscita alla gravissima
im passe in cui versano la classe operaia e i movimenti di massa di
fronte alla valanga dei licenziamenti? Nessuna proposta centrale
d’azione al movimento operaio ( vertenza generale unificante, sciopero
generale prolungato..); nessuna proposta centrale sul terreno delle
forme di lotta ( generalizzazione della occupazione delle aziende che
licenziano, e cassa nazionale di resistenza sotto il controllo dei
lavoratori); nessuna proposta centrale sul terreno
dell’autorganizzazione democratica ( coordinamento nazionale delle
aziende in lotta e assemblea nazionale di delegati eletti). Neppure
l’elementare sostegno alla battaglia congressuale della Fiom in CGIL
contro la politica di Epifani. Nulla di nulla. In compenso..la
raccolta firme per un referendum che, nel caso, si terrà tra due anni.
Sarebbe questo il “massimo possibile” che la sinistra..”radicale” sa
mettere in campo?. Ma sbaglierebbe chi non vedesse una logica in tutto
questo. Non è la logica del “massimo possibile”. E’ la logica del
“massimo compatibile” con la ricerca del CLN con D’Alema e Casini.
Contrariamente a quanto afferma Ferrero, i due piani non sono affatto
“separati”. Se ricerchi l’alleanza elettorale nazionale con PD e UDC,
se realizzi l’alleanza di governo con PD ( e UDC) nelle regioni, non
puoi puntare sull’esplosione sociale concentrata e radicale, non puoi
muoverti sulla linea dell’occupazione generale delle aziende che
licenziano e rivendicare il loro esproprio, non puoi neppure
contrastare Epifani in CGIL ( grande elettore di Bersani) ; puoi
invece promuovere una raccolta firme: per recuperare l’immagine “
sociale” della Federazione dopo le compromissioni antioperaie dei suoi
gruppi dirigenti; cercare un po’ di voti per le regionali (
nascondendo con la propaganda “sociale” il profilo antioperaio dei
Governatori che si sostengono); accumulare una massa critica
contrattuale da spendere sul terreno negoziale con PD e UDC, per non
essere scaricati da un eventuale CLN. In conclusione: si subordina
l’interesse generale del movimento operaio e la necessità di una
svolta di lotta generale e radicale, all’interesse particolare dei
gruppi dirigenti della sinistra nel loro negoziato con i partiti
borghesi.

PER UNA DIREZIONE OPERAIA DELLA BATTAGLIA DEMOCRATICA. CACCIARE
BERLUSCONI PER UNA ALTERNATIVA VERA.

“E’ questo il prezzo da pagare per liberarsi da Berlusconi” diranno
alcuni. Ma non è così. In un certo senso è vero l’opposto. Solo
un’esplosione sociale concentrata e radicale potrebbe incidere sui
rapporti di forza, incrinare il blocco sociale reazionario, creare le
condizioni per cacciare Berlusconi. Rimuovere la prospettiva
dell’esplosione sociale, per ricercare il CLN con Casini e D’Alema
significa di fatto contribuire a tenere in sella Berlusconi per i
prossimi tre anni.. e favorire la successione ( eventuale) di un nuovo
centrosinistra allargato a destra. E’ quello che è avvenuto nella
precedente legislatura di centrodestra e che oggi, in altra forma, si
vorrebbe replicare, come se nulla fosse accaduto. Guardiamo in faccia
la realtà: Berlusconi è stato per 15 anni il principale beneficiario
delle politiche del centrosinistra e della subordinazione ad esse
delle sinistre italiane. Tuttora si avvale dell’esperienza traumatica
delle politiche antipopolari del governo Prodi per minare la stessa
credibilità di un’alternativa al proprio governo. E già oggi, nel
momento stesso in cui apre all’”inciucio” con D’Alema e Casini,
continua a denunciare demagogicamente l’ammucchiata del CLN nelle
regioni ( dall’UDC al PRC) come manifesto del trasformismo e della
corsa alle “poltrone”. La verità è che più la sinistra è subalterna ai
liberali nel nome della “lotta a Berlusconi”, più aiuta di fatto
Berlusconi e la sua agitazione populista contro i liberali e le
sinistre, ad esclusivo vantaggio della reazione. Quanto hanno
avvantaggiato Berlusconi, nelle stesse regioni, le compromissioni
innaturali con i Bassolino, i Loiero, i Burlando,i Penati?

Ma il punto vero e di fondo è, in ogni caso, un altro: è il movimento
operaio che deve prendere nelle proprie mani la direzione della lotta
contro il berlusconismo per costruire la propria alternativa. Questa è
la vera lezione degli ultimi 15 anni. All’opposto di quanto teorizza
Ferrero, il piano democratico e il piano sociale non possono essere
“agiti separatamente”. Solo una mobilitazione sociale radicale guidata
dal movimento operaio può portare sino in fondo la stessa battaglia
democratica per cacciare Berlusconi e aprire la via di una vera
alternativa anticapitalistica, contro ogni soluzione di alternanza. E
solo la rottura con PD ( e UDC) può consentire il pieno dispiegamento
di questa lotta radicale per l’alternativa. Rompere il cordone
ombelicale che subordina il movimento operaio al liberalismo, è l’asse
decisivo di una politica comunista. Così è sempre stato. E così è
oggi. Gramsci non disdegnò l’incontro e il confronto con l’intero arco
delle opposizioni ( liberali inclusi) contro il fascismo, al punto di
partecipare inizialmente all’Aventino e di proporre un Antiparlamento.
Ma tutta la sua politica, in quelle stesse sedi, denunciò
sistematicamente la subordinazione delle sinistre ( riformisti e
massimalisti) ai liberali : e contro il compromesso paralizzante con i
liberali propose la via dello sciopero generale contro il fascismo.
Pur di fronte a Mussolini ( ben più impegnativo di Berlusconi),
Gramsci non solo non si sognò di fare il CLN con i liberali. Ma
diresse tutta la sua politica contro ogni blocco con i liberali, nel
nome della lotta per un fronte unico di classe e di un’alternativa
proletaria al fascismo. Era l’esatto opposto di quella che sarebbe
stata, 20 anni dopo, la politica di unità nazionale di Togliatti.

GRAMSCI, NON TOGLIATTI. RICOSTRUIRE SUI PRINCIPI L’UNITA’ DEI COMUNISTI.

Il PCL propone di ritornare alla politica di Gramsci, cioè alla
politica di Lenin e di Trotskij. Perché solo il recupero dei suoi
principi, e la conseguente rottura col riformismo, possono aprire una
nuova via per la giovane generazione. Chi , con le migliori
intenzioni, continua a ricercare la cosiddetta “unità di comunisti”
fuori e contro quei principi, continua a battere la testa contro il
muro. Si può ignorare la storia. Ma la storia presenta sempre il conto
a chi la ignora. L’unità dei comunisti o riparte dai principi del
leninismo o non è. O recupera il programma della rivoluzione o si
trasforma in un’icona vuota contro la prospettiva rivoluzionaria,
magari al servizio dell’ennesimo CLN. Questa è “la luna”, caro
Ferrero, il resto è il “dito”.

MARCO FERRANDO

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